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Nel primo trimestre del 2025 il debito globale, ovvero il passivo di governi, banche, imprese e famiglie, ha registrato un’impennata senza precedenti, crescendo di circa 7.500 miliardi di dollari e raggiungendo il nuovo massimo storico di oltre 324 mila miliardi. A rivelarlo è l’ultimo Global Debt Monitor pubblicato dall’Institute of International Finance (IIF), che sottolinea come questo incremento sia stato oltre quattro volte superiore alla media trimestrale di 1.700 miliardi osservata dalla fine del 2022. Alla base della crescita, secondo il report, vi è anche la forte deprezzamento del dollaro statunitense rispetto alle principali valute internazionali, un fattore che ha gonfiato in termini nominali il valore dei debiti espressi in altre valute.
I principali contributori: Cina, Francia e Germania
A trainare l’aumento sono state principalmente Cina, Francia e Germania, responsabili di una quota significativa del nuovo debito emesso. Nei primi tre mesi dell’anni, solo la Cina ha contribuito per oltre 2 mila miliardi di dollari. Il rapporto debito pubblico/PIL cinese è ora al 93%, con una traiettoria che, secondo le stime dell’IIF, potrebbe portarlo al 100% entro la fine dell’anno. Diversamente, alcuni paesi hanno ridotto i propri livelli di indebitamento. È il caso di Canada, Emirati Arabi Uniti e Turchia.
Nei mercati emergenti debito record
Particolare attenzione è riservata ai mercati emergenti, dove il debito ha superato per la prima volta i 106 trilioni di dollari, con una crescita superiore a 3.500 miliardi nel solo primo trimestre. Qui il rapporto debito/PIL ha raggiunto il 245%, segnando un nuovo record storico.
Senza considerare la Cina, il rapporto debito/PIL degli emergenti si attesta comunque sotto il 180%, circa 15 punti percentuali in meno rispetto al picco. Tra le economie che hanno registrato i maggiori incrementi nominali si segnalano Brasile, India e Polonia.
Ondata di scadenze
Un ulteriore fronte di vulnerabilità riguarda le scadenze obbligazionarie e di prestiti previste entro la fine del 2025. Nei mercati emergenti, le emissioni in scadenza ammontano a circa 7 mila miliardi di dollari, mentre nei Paesi sviluppati si raggiungono i 19 mila miliardi.
L’IIF sottolinea come il calo del dollaro abbia sinora attutito gli effetti del rialzo dei tassi e della volatilità innescata dalla guerra commerciale avviata negli anni precedenti dagli Stati Uniti. Tuttavia, se le incertezze di politica economica dovessero prolungarsi, alcuni governi, soprattutto quelli con forti legami commerciali con gli USA, potrebbero essere costretti ad adottare politiche fiscali più accomodanti.
Preoccupazioni anche per gli Stati Uniti
Lo stesso IIF esprime, nel frattempo, preoccupazione per la traiettoria del debito statunitense. Le esigenze di finanziamento del Tesoro USA, acuite dalla politica di tagli fiscali, rischiano di alimentare un forte aumento nell’emissione di nuovi Treasury. Il risultato sarebbe un aumento dei rendimenti e un aggravio degli oneri per interessi sul debito pubblico.
Uno scenario di questo tipo comporterebbe anche un rischio inflattivo crescente, a cui si aggiungono le incertezze legate alla politica commerciale. Le tariffe ipotizzate dalla nuova amministrazione statunitense – comprese le proposte di dazi universali al 10% – potrebbero infatti ridurre la spesa privata, rallentare la crescita e, in caso di ritorsioni, anche diminuire le entrate fiscali.