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Credit Suisse e Ubs vogliono aiutare l’Europa

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NEW YORK (WSI) – “Aprite a noi i vostri mercati dei servizi di capitali e finanziari, potremo aiutarvi a ritornare alla crescita e creare occupazione”. Lo ha detto Axel Weber, che presiede il CdA di Ubs, rivolgendosi alle autorità e imprese europee.

La banca svizzera, insieme alla rivale Credit Suisse, è convinta che i paesi terzi siano fondamentali per lo sviluppo e la crescita dell’Europa. Un aiuto del genere sarebbe gradito in particolare per le Pmi europee a corto di fondi.

In uno studio intitolato “The EU & its Partners: Defending Open Markets in Challenging Times” e presentato dal Swiss Finance Council (SFC) a Bruxelles,

L’associazione SFC è stata creata un anno fa dalle due grandi banche elvetiche allo scopo di difendere i loro interessi in Europa.

“Due terzi della finanza globale si trova fuori dai confini dell’UE e non è chiudendo il suo mercato che può smobilitare i fondi necessari per finanziare la sua ripresa”, ha detto durante la presentazione della ricerca Axel Weber.

Secondo il presidente l’apertura del mercato europeo sarebbe prima di tutto nell’interesse delle piccole e medie imprese, che hanno difficilmente accesso ai capitali.

La ricerca mette in evidenza che i paesi stranieri giocano un ruolo fondamentale nel progresso dell’Ue. Mentre la domanda interna europea è rimasta debole negli ultimi anni, complice la crisi, sono i mercati esterni all’Ue che hanno assorbito il 46% dei beni e delle merci nonché il 45% dei suoi servizi prodotti.

Al primo posto ci sono gli Stati Uniti, ma subito dietro si è piazzata la Svizzera, appena prima della Cina. “L’Italia importa beni e servizi per 170 miliardi di euro dagli altri Stati europei, ma è una somma pari a solo 30 miliardi in più della Svizzera”, ha spiegato a sua volta Urs Rohner, presidente di Credit Suisse.

La Svizzera è seconda anche nell’offrire investimenti diretti stranieri nel continente, per un valore complessivo pari a 567 miliardi di euro fino al 2013, una cifra che rappresenta il 43% dei suoi investimenti nel mondo intero.

Le imprese elvetiche, poi, danno lavoro a 1,1 milioni di europei. Le aziende europee, da parte loro, hanno investito 674 miliardi di euro in Svizzera, creando 229.000 posti di lavoro. Una parte dei gruppi sono in realtà società americana domiciliate in Europa.

La stretta interdipendenza tra la Svizzera e l’Ue potrebbe andare ancora più lontano, secondo le due società del credito svizzere, che vorrebbero per esempio partecipare pienamente all’Unione dei mercati di capitale, il cui obiettivo è eliminare gli ostacoli alla circulazione di capitali in seno al blocco a 19. Il progetto dovrebbe concretizzarsi nel 2019. I

È per il momento bloccato in Svizzera. Un altro ostacolo che frena l’attività delle imprese svizzere in Europa è il dover essere conformi a un’equivalenza di regole e sottostare alle leggi comunitarie. Secondo Weber i paesi esterni all’Ue non dovrebbero essere costretti a seguire le regole comunitarie europee “alla lettera”.

Le rivendicazioni delle due banche contraddicono tuttavia la presa di posizione del Consiglio federale svizzero, che ha deciso di rinegoziare l’accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone dopo l’esito di un referendum.

L’Ue non vuole saperne e non vuole entrare nemmeno nella questione, avendo gelato tutte le trattive con le banche elvetiche sull’accesso ai mercati dei servizi finanziari.

Fonte: Le Temps

(DaC)