Economia

Conti correnti: quando scatta l’imposta di bollo e come non pagarla

Complice la pandemia e poi la guerra in Ucraina che sta facendo lievitare il costo della vita, sempre più italiani parcheggiano liquidità sui conti correnti. Ma attenzione: se la cifra supera una certa soglia si paga una tassa, l’imposta di bollo. Facciamo il punto.

Imposta di bollo sui conti correnti: quando scatta

In realtà ci sono fondamentalmente due tipi di tasse che si pagano su un conto corrente: l’imposta di bollo e la ritenuta fiscale sugli interessi creditori maturati, oltre eventualmente all’imposta di bollo al deposito titoli che può essere associato a un conto corrente come servizio aggiuntivo.

Le tasse sui conti correnti si pagano quando la giacenza media è superiore a 5.000 euro. Chi ha un saldo medio annuale sul conto inferiore ai 5.000 euro è esentato dal pagamento dell’imposta di bollo. L’ammontare dell’imposta di bollo è di 34,20 euro all’anno per le persone fisiche, somma che costituisce l’intero ammontare delle tasse sui conti correnti superiori a 5.000 euro. Per le persone giuridiche, invece, l’imposta di bollo è più alta, ed è quantificata in 100 euro all’anno.

Quindi se il cliente è persona fisica, l’imposta non è dovuta quando il valore medio di giacenza non sia superiore a 5.000 euro. Per calcolare il valore medio, si sommano i saldi giornalieri del conto corrente, li si divide per il numero dei giorni di rendicontazione o di detenzione del rapporto, e si pondera la giacenza media di ciascun rapporto per la quota di detenzione (es. conto cointestato).

Inoltre, si precisa che, in caso di più rapporti di conto corrente o libretti di risparmio intestati ad uno stesso soggetto, l’imposta va applicata con riferimento a ciascun rapporto. La verifica della giacenza complessiva del cliente deve essere effettuata in occasione di ogni estratto o rendiconto e deve essere riferita al periodo rendicontato; qualora, a seguito di tale verifica, emerga che la giacenza complessiva dei conti e dei libretti intestati al medesimo soggetto sia maggiore di 5.000 euro, l’imposta va applicata con riferimento a tutti i rapporti di conto corrente e ai libretti di risparmio intestati allo stesso soggetto.

Come si paga? Se ne fa carico la banca prendendo direttamente la somma dovuta dal nostro conto corrente, con un addebito che nella maggior parte dei casi è trimestrale, quindi pari a 8,55 euro a trimestre.

È possibile non pagare le tasse sui conti correnti superiori a 5.000 euro?

Come ricorda Sostariffe.it, esistono conti che si offrono di coprire la spesa; è la banca, cioè, ad occuparsi di saldare l’imposta di bollo, senza che l’utente debba vedere diminuire il suo patrimonio, già eroso quotidianamente da altre spese o commissioni e dall’inflazione.

Per evitare di pagare l’imposta si può pensare di aprire un altro conto corrente a zero spese, e trasferire lì una parte del patrimonio. È anche possibile investire la parte del patrimonio che supera i 5.000 euro.

Ovviamente ci sono soggetti che non pagano l’imposta di bollo se la giacenza media del conto supera i 5.000 euro. Chi sono? Essenzialmente chi ha un ISEE inferiore ai 7.500 euro beneficia dell’esenzione dall’imposta di bollo, così come per i titolari del cosiddetto Conto Base, ovvero il conto corrente gratuito riservato a chi ha un ISEE annuo in corso di validità inferiore agli 11.600 euro (18.000 euro per i pensionati). Un ultimo caso di esenzione è quello dei soggetti giuridici con conti aperti con gli enti gestori e i Confidi (le organizzazioni no-profit a carattere associativo o formate da piccole e medie imprese che si uniscono per agevolare l’accesso al credito finanziario per alcune tipologie di soggetti).

Quanta liquidità hanno parcheggiato gli italiani

L’inflazione ha iniziato a erodere i risparmi depositati dagli italiani sui conti correnti. Secondo un rapporto di Fabi, pubblicato questo mese, il saldo complessivo di depositi e conti correnti a dicembre 2021 era di 2.076,8 miliardi di euro, contratto a 2.065,5 miliardi già a dicembre del 2022, per poi diminuire ulteriormente a scarsi 2.000 miliardi alla fine del primo trimestre del 2023”. A fine marzo, i depositi delle famiglie sono scesi del 2,14% – raggiungendo il valore di 1.149 miliardi di euro – e quello delle imprese di un 7,56%, attestandosi a scarsi 390 miliardi.

Tra dicembre 2021 e marzo 2023 le giacenze sui conti correnti sono scese di 61 miliardi di euro.