Economia

Conte assicura: “Ministro Tria non se ne va. Euro non si discute”

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La moneta unica europea non è in discussione. La conferma arriva dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel corso di un’intervista al Corriere della Sera in cui nega le ipotesi di Italexit che il suo esecutivo in un modo o nell’altro ha lasciato intendere fin dagli albori della sua nascita.

“Per me la moneta unica europea, come l’appartenenza alla Nato, non sono in discussione. E non lo sono anche per il governo da me presieduto”.

Il premier poi puntualizza che Giovanni Tria, ministro dell’economia, l’uomo che ha rassicurato i mercati, non lascerà il suo posto a via XX Settembre.

 “Il ministro Tria è il cerbero dei conti, il loro custode arcigno. Ma non esiste che lasci il governo. Attenzione, peraltro, a non considerarlo un corpo estraneo a questo esecutivo. È parte attiva e coinvolta nel tentativo di ottenere dall’Europa spazi di manovra che ci permettano di cambiare le cose”.

Nell’intervista Conte risponde a chi gli rimprovera di avere un profilo sfuggente politicamente, mero esecutore del contratto Di Maio-Salvini, definendosi il primo premier di un esecutivo populista dell’Europa occidentale.

“Nei vertici mi trovo in una situazione diversa dagli altri capi di governo. Non so se più vantaggiosa, di certo diversa: nel senso che loro sono assillati dal fatto di avere nei loro Paesi forze populiste che li assediano e erodono i loro consensi. Io, invece il cosiddetto populismo ce l’ho nel governo, anzi ne sono l’espressione, lo rappresento. E credo di potere aiutare anche gli altri leader europei a capire dove e come occorre cambiare, per fare in modo che queste forze aiutino il sistema a migliorare e non a implodere. Ai vertici europei in passato spesso l’Italia non si è fatta valere per timore di rimanere isolata. In un’Europa debole e disorientata, stiamo cercando di far capire che possiamo aiutarla a rafforzarsi, se riconosce che il contesto, il quadro strategico sono cambiati. E sull’immigrazione l’atteggiamento sta cambiando, a nostro favore. L’Europa procede a scatti, tra periodi di stasi e passi avanti. Questo è il momento di farla scattare uscendo da una situazione in cui langue. Altrimenti diventa l’Europa dei gruppi regionali di cinque, sei Paesi. E sarebbe una regressione geopolitica. Stiamo cercando di restituire centralità al Mediterraneo, marginalizzato dall’allargamento a Nord e a Est”.