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Clima: strategie di portafoglio in vista di una lotta più dura al C02

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NEW YORK (WSI) – Chi ignora il cambiamento climatico lo fa a proprio rischio e pericolo. E chi investe deve tenerne conto. A poche settimane dall’avvio della Conferenza di Parigi anche i grandi della finanza prendono posizione.

A questo proposito, Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel, ha esaminato come i portafogli potrebbero essere penalizzati dagli sforzi politici volti a ridurre le emissioni di origine antropica – ma anche favorirli grazie al focus sulle aziende innovative impegnate a combatterle.

“Se il tono più conciliante degli Stati Uniti e della Cina in materia di clima può essere preso come indicatore, ci troviamo di fronte a una svolta. Abbandonando il loro atteggiamento di rifiuto difeso per anni, i due paesi più inquinanti del mondo hanno ammesso che le emissioni di origine antropica hanno probabilmente un impatto destabilizzante sul clima. A questi argomenti sarà dedicata la Conferenza sul clima in programma nella capitale francese, che potrebbe inaugurare una nuova era negli sforzi profusi per rallentare l’aumento della temperatura nei prossimi decenni” si legge in un report, in cui viene sottolineato, che “l’elemento decisivo sarà l’impegno degli ambienti politici e delle autorità di regolamentazione per promuovere le tecnologie “pulite” e scoraggiare le emissioni di carbonio”.

Ciò – secondo Christophe Bernard – avrà profonde conseguenze per la società, le nazioni, i settori economici e, non da ultimo, i mercati dei capitali. “Di recente Mark Carney, governatore della Bank of England, ha ammonito che gli investitori potrebbero subire perdite “potenzialmente enormi” a causa del cambiamento climatico. Prendendo come esempio le società petrolifere, ha affermato che queste aziende potrebbero non sfruttare tutte le loro riserve petrolifere – un’eventualità che non si riflette nei prezzi delle azioni.

“Ciò avrebbe effetti destabilizzanti non solo per imprese come ExxonMobil, BP o Total, ma anche per i fondi pensione e gli investitori privati, poiché i colossi petroliferi hanno un grande peso negli indici azionari. Alla stessa stregua, i paesi che dipendono dagli introiti delle fonti fossili devono affrontare grandi sfide a lungo termine con ricadute potenzialmente pesanti sui loro rating creditizi e le loro valute, a meno che non riescano ad adottare per tempo un’adeguata strategia di diversificazione”.

Quali sono gli i settori che, da un punto di vista dei mercati saranno avvantaggiati e svantaggiati, da questo nuovo approccio al problema? “Un giro di boa della politica può avere un effetto immediato su interi settori e, di riflesso, sui portafogli. Quest’estate un nuovo piano americano in materia di clima ha colpito inaspettatamente il ramo del gas da scisti. La Casa Bianca ha infatti abbandonato il suo precedente entusiasmo per il gas naturale come alternativa più pulita al carbone e si è focalizzata piuttosto sulle energie “rinnovabili” come modo per ridurre le emissioni di gas serra delle centrali elettriche.

La transizione verso un’economia a basso tenore di carbonio è un trend dal grande impatto. L’Agenzia internazionale dell’energia ha stimato che limitare il riscaldamento del pianeta a livelli accettabili richiederà investimenti aggiuntivi in energia “pulita” pari a circa mille miliardi di dollari USA all’anno. Gli operatori di mercato dovrebbero quindi puntare sulle società che hanno tutti i presupposti per beneficiare di questa tendenza di lungo periodo. Allo stesso tempo, però, dovrebbero riconsiderare le loro posizioni in aziende e settori che potrebbero contare tra gli sconfitti di questo “megatrend”.