Economia

Cina: FMI alza stime sul Pil, ma la crescita è destinata a rallentare

Il Fondo Monetario Internazionale ha rivisto al rialzo le sue previsioni per la crescita economica della Cina nel 2023, portandola dal 5% al 5,4%. Questo miglioramento è stato influenzato dalla robusta ripresa dell’economia cinese nella fase successiva alla pandemia da Covid-19. Tuttavia, l’istituto internazionale prevede un rallentamento della seconda potenza mondiale nel prossimo anno.

La crescita del Prodotto Interno Lordo dovrebbe frenare al 4,6% nel 2024, a causa della persistente debolezza del settore immobiliare locale e della limitata domanda esterna, come dichiarato dal FMI in un comunicato stampa. Questa previsione è comunque più ottimistica rispetto alla precedente stima del 4,2%, annunciata nell’edizione di ottobre del World Economic Outlook, grazie a un terzo trimestre migliore del previsto e alle recenti misure annunciate dalla politica, come affermato dalla capo economista del FMI, Gita Gopinath.

I residui fattori di rischio per la Cina

Nonostante i miglioramenti dell’economia, per il FMI i rischi per la stabilità finanziaria della Cina restano elevati e continuano ad aumentare, poiché le istituzioni finanziarie dispongono di minori riserve di capitale e i rischi per la qualità degli asset sono in crescita. “Per migliorare la resilienza del sistema finanziario e mitigare i rischi, sono necessari una rigorosa applicazione delle politiche prudenziali e un quadro rafforzato per la risoluzione bancaria”, afferma Gopinath.

Nel medio termine, ci si aspetta infatti che la crescita rallenti gradualmente, arrivando a circa il 3,5% entro il 2028, a causa delle sfide legate a una bassa produttività e all’invecchiamento della popolazione. La Cina ha già adottato diverse misure per sostenere il mercato immobiliare, ma ulteriori interventi sono necessari per garantire una ripresa più rapida e ridurre i costi economici durante questa transizione.

Secondo Gopinath, proprio su questo tema la Cina deve fare di più. Nella nota del FMI, l’economista scrive:

“La rapida espansione del settore immobiliare ha portato ad un eccesso di offerta di alloggi in alcune aree, ma l’aumento dei prezzi ha ne ha messo sotto pressione l’accessibilità. La sfida è ridurre al minimo i costi economici e contenere i rischi per la stabilità macro-finanziaria. È importante sottolineare che la Central Financial Work Conference, recentemente conclusa, ha annunciato le priorità a medio termine, con particolare attenzione ai rischi derivanti dal settore immobiliare, dal debito pubblico locale e dalle banche piccole e medie.”

Perché la crescita della Cina è un bene per l’economia mondiale

Nonostante i timori, il paese sta tornando a crescere a passo spedito dopo un periodo di incertezza e questo può essere un fattore positivo, data la sua importanza nello scacchiere mondiale.

Date le sue dimensioni e la sua rilevanza negli scambi commerciali internazionali, la Cina è infatti al centro di molte questioni economiche a livello continentale e globale. La ripresa dell’economia del Dragone può dunque rappresentare un volano per la domanda e aprire nuove opportunità per gli esportatori manifatturieri.

Con una popolazione di oltre 1,4 miliardi di persone, la Cina rappresenta un mercato enorme e la ripresa dei consumi, alimentata da un aumento del reddito disponibile per le famiglie cinesi, può creare benefici per le aziende che esportano prodotti e servizi in Asia.

Diminuiscono gli investimenti esteri in Cina

La seconda economia più grande del mondo, oltre al problema del mercato immobiliare, deve affrontare altri problemi, tra cui la capacità di attrarre aziende e investimenti stranieri, nonostante gli sforzi di Pechino in tal senso.

Nel terzo trimestre, i flussi di investimenti diretti esteri (FDI) in Cina hanno registrato per la prima volta una diminuzione, a causa delle crescenti tensioni con gli Stati Uniti e dell’ampia portata della nuova legge anti-spionaggio, che comporta un aumento dei rischi per le aziende straniere.

Questa tendenza è emersa dai dati preliminari della bilancia dei pagamenti relativi al periodo luglio-settembre, pubblicati dall’Amministrazione statale dei cambi (SAFE). I FDI si sono contratti di 11,8 miliardi di dollari, registrando un deficit per la prima volta dal 1998, anno in cui è iniziata la raccolta statistica su base omogenea.