Società

Chiudono oltre 100 mila imprese, fallimenti +64% rispetto ai livelli pre-crisi

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NEW YORK (WSI) – Ancora un anno nero quello appena concluso per le aziende italiane: 12.000 fallimenti, 2.000 procedure non fallimentari e 90.000 liquidazioni. Oltre 104 mila imprese sono entrate in crisi o hanno dovuto chiudere i battenti, un valore che supera quello già molto elevato del 2011 (+2,2%).

Sono le cifre rese note da Cerved, azienda specializzata nell’analisi di impresa. “Questi dati sono accompagnati da un boom delle nuove forme di concordato preventivo, introdotte dalla riforma entrata in vigore a settembre: si stima che nel solo quarto trimestre dell`anno siano state presentate circa 1.000 domande, soprattutto nella forma del concordato con riserva”, spiega Cerved.

“Il picco toccato dai fallimenti nel 2012 – commenta Gianandrea De Bernardis, amministratore delegato della società -, supera del 64% il valore registrato nel 2008, l`ultimo anno pre- crisi. Sono stati superati anche i livelli pre-2007, quando i tribunali potevano dichiarare un fallimenti anche per aziende di dimensioni microscopiche”.

Gli archivi di Cerved Group indicano che nel 2012 la recessione ha avuto un impatto ponderoso nel comparto dei servizi (+3,1%) e nelle costruzioni (+2,7%), mentre la manifattura – pur con un numero di fallimenti che rimane a livelli critici – ha registrato un calo rispetto all`anno precedente (-6,3%).

Il 2012 segue anni di gravi difficoltà per le imprese italiane: da quando la crisi del 2009 ha colpito l`economia italiana, si contano infatti più di 45mila fallimenti. Il numero maggiore ha riguardato imprese del terziario, 21mila, ma i dati indicano che è stata l`industria a pagare il conto più salato alla recessione: il totale delle società di capitale manifatturiere fallite tra 2009 e 2012 ammonta infatti al 5,2% di quelle che avevano depositato un bilancio valido all`inizio del periodo considerato, contro una percentuale pari al 4,6% nelle costruzioni e al 2,2% nei servizi.

“L`incidenza dei default osservati durante la crisi risulta particolarmente alta in settori tipici del Made in Italy come il sistema casa (7,9%), il sistema moda (7,1%), la produzione di beni intermedi (5,5%), la meccanica (5,1%), mentre da un punto di vista territoriale la crisi è stata avvertita maggiormente tra le imprese del Nord della Penisola (3,5% nel Nord Ovest e 3,2% nel Nord Est), rispetto al Centro-Sud (2,7%) – conclude De Bernardis”. (TMNews)