Economia

Chi vince e chi perde con la fiammata del petrolio

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Il rally dei prezzi del petrolio rappresenta un’arma a doppio taglio per l’economia mondiale: se da una parte favorisce gli esportatori dall’altra rischia di infliggere un duro colpo alle nazioni consumatrici.

In generale, per l’economia mondiale, che sta godendo della sua più ampia ripresa dal 2011, l’aumento dei prezzi del petrolio si ripercuoterà  sui redditi delle famiglie e sulla spesa dei consumatori, anche se l’impatto varierà. L’Europa – spiega  un articolo di Bloomberg – è tra le aree più vulnerabili dato che la crescita e l’attività industriale stanno già rallentando e molti dei paesi dell’area sono importatori di petrolio.

Per la Cina, che è il maggiore importatore mondiale di petrolio al mondo, gli analisti si aspettano un aumento dell’inflazione, dopo che i prezzi sono già aumentati del 2,3% nel 2018 dall’1,6% nel 2017.

I prezzi del petrolio sono aumentati del 14% quest’anno (ora il Wti si aggira intorno ai 70 dollari al barile) – metà di questo aumento riflette una domanda globale più forte, suggerisce un modello di Bloomberg Economics. Il resto è dovuto alle maggiori tensioni con l’Iran e altri shock di offerta.

Chi vince: La maggior parte dai grandi produttrici di petrolio sono economie emergenti. L’Arabia Saudita è in prima fila con una produzione netta di petrolio che rappresenta quasi il 21% del Prodotto interno lordo, più del doppio rispetto alla Russia. Tra gli altri vincitori spaccano la Nigeria e la Colombia. L’aumento delle entrate contribuirà a riparare i bilanci e i deficit delle partite correnti, consentendo ai governi di aumentare la spesa che stimolerà gli investimenti.

Chi perde. India, Cina, Taiwan, Cile, Turchia, Egitto e Ucraina sono tra i paesi che rischiano di pagare il prezzo più alto. L’aumento delle quotazioni sul greggio creerà nuove pressione sui conti pubblici e renderà le economie più vulnerabili ai crescenti tassi di interesse negli Stati Uniti.

Stati Uniti. Un aumento dei prezzi del petrolio rappresenta un rischio molto minore per l’economia degli Stati Uniti rispetto al passato, grazie al boom della produzione di olio di scisto. La vecchia regola empirica tra gli economisti era che un aumento sostenuto di $ 10 per barile dei prezzi del petrolio avrebbe ridotto di circa lo 0,3 % il PIL degli Stati Uniti l’anno successivo. Ora, secondo Mark Zandi, capo economista di Moody’s Analytics, la percentiale è scesa allo 0,1%. E tutto sarà ancora più diradato nei prossimi anni con la produzione di olio di scisto che aumenterà ancora di più in risposta ai prezzi più alti.