Economia

Brexit: Parlamento boccia tutti i piani B. Si va verso uscita senza accordo

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Non solo Theresa May. Anche la Camera dei Comuni sembra incapace di tirare fuori il Regno Unito dallo stallo in cui è piombata per la Brexit. La conferma è arrivata ieri con il voto sulle opzioni alternative al piano della premier. Opzioni che sono state tutte bocciate.

A questo punto un’uscita del Regno Unito “senza accordo” è divenuta “quasi inevitabile”, come ha detto nella notte il rappresentante del Parlamento europeo Guy Verhofstadt (della lista centrista ALDE alle Elezioni Europee di fine maggio).

Parere analogo è stato espresso dal negoziatore europeo per la Brexit Michel Barnier secondo cui un’uscita senza accordo del Regno Unito dall’Unione europea diventa “ogni giorno più probabile”.

 “Una Brexit senza accordo non è mai stata tra i miei desideri, ma diventa ogni giorno più probabile”, ha affermato Barnier parlando a Bruxelles. “L’Ue è pronta a questa eventualità. Non dimentichiamo che abbiamo già un accordo che è stato concluso da Theresa May, dal governo inglese, dal Consiglio e dal Parlamento europeo il 25 novembre scorso. Se il Regno Unito vuole uscire dall’Europa in modo ordinato, questo accordo è e sarà il solo”, ha aggiunto.

Stamattina è convocato un vertice di governo a Londra da cui dovrebbe emergere la linea di Downing Street da qui in avanti. Ma procediamo con ordine. Ieri sono stati votati altri quattro emendamenti dopo quelli della settimana scorsa.

  • Quello presentato dal deputato Ken Clarke, che invitava il Regno Unito a negoziare un’unione doganale permanente con l’Ue dopo la Brexit.
  • Un secondo, presentato dal deputato laburista Peter Kyle, secondo cui qualsiasi accordo di divorzio deve essere confermato con un referendum popolare.
  • Un terzo, presentato da Johanna Cerry, che attribuiva poteri sovrani al Parlamento sul governo e chiedeva di cercare una ulteriore proroga dell’Articolo 50.
  • Infine il quarto, presentato da Nick Boles, che proponeva la soluzione denominata Mercato comune 2.0, ovvero ‘Norvegia Plus’. Nello specifico si chiede (oltre alla libera circolazione) il ritorno del Regno Unito nell’area Efta e quindi la permanenza nel mercato unico Ue. È quanto avviene per tutti i membri (insieme a Norvegia, Islanda, Liechtenstein e Svizzera) attraverso il trattato sullo Spazio Economico europeo (accordi ad hoc con la Svizzera).

L’ultima chance per evitare scenario catastrofico no deal

Bocciati tutti i piani B, alcuni di poco come quello sull’unione doganale (3 voti di scarto), a questo punto appare sempre più probabile che il prossimo 12 aprile la Gran Bretagna lasci lUnione europea senza accordo. L’ultima chance per evitare questo scenario, arriverà mercoledì quando ci sarà una nuova votazione. Intanto oggi si tiene una riunione fiume di cinque ore del gabinetto di Downing Street.

In vista della scadenza del 12 aprile, Bruxelles si apprestaa a chiedere 10 miliardi di euro al Regno Unito solo per i nove mesi che restano del 2019, in caso di uscita senza un accordo. La richiesta sarebbe la condizione per continuare a finanziare i beneficiari britannici di fondi comunitari fino alla fine dell’anno.

È quanto rivelano ai media fonti europee, dopo una riunione dei rappresentanti dell’Ue a 27 sulla questione. Il contributo netto al bilancio comunitario del Regno Unito per il 2019 è pari a 17,49 miliardi di euro, di cui 7,2 miliardi sono già stati pagati. In caso di “no-deal”, l’Ue rischierebbe di ritrovarsi con un buco da 10,2 miliardi a causa della Brexit nel 2019.