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Brexit, negoziati al via. Posizione di Londra confusa

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Si comincia, contro tutte le previsioni, oggi alle 11. La partenza del negoziato sulla Brexit non ha subito ritardi dopo il risultato delle elezioni britanniche dello scorso 8 giugno, che hanno visto crollare la maggioranza del partito conservatore al governo, incaricato della trattativa con Bruxelles. Ai due lati del tavolo ci saranno Michel Barnier a nome dell’Unione europea e il segretario di Stato per l’uscita dall’Ue David Davis per il Regno Unito. Luogo del primo round: la sede della Commissione europea a Bruxelles.

La posizione di Londra non è per niente chiara e i mercati sperano in una Brexit ‘soft’, ma temono una Hard Brexit su cui il governo di Theresa May puntava prima della batosta elettorale. Con le elezioni lampo di dieci giorni fa May sperava di ottenere un mandato più forte per le trattative che prendono oggi il via, e invece è successo proprio il contrario. Questo complica la posizione negoziale del Regno Unito. Davis ha detto che l’intenzione è quella di creare una “partnership nuova e speciale con l’Unione Europea” e che i colloqui saranno “costruttivi e positivi” e che si lavorerà “nell’interesse di tutti i cittadini”.

Sui mercati è attesa estrema volatilità in particolare sul valutario, dove al momento la sterlina si rafforza scambiando sopra 1,28 dollari sul biglietto verde. Le trattative iniziano a quasi un anno esatto dal referendum che, il 23 giugno 2016, ha visto la vittoria del “Leave” con il 52% delle preferenze e dovrebbero concludersi in teoria a marzo 2019. L’articolo 50 del Trattato di Lisbona cui ha fatto ricorso l’esecutivo britannico definisce la procedura per il recesso volontario e unilaterale di un Paese dall’Unione europea, un fatto mai avvenuto nella storia dell’Ue.

Il primo giorno di negoziati si concentrerà sullo status degli emigrati, sull’aspetto economico del divorzio e sul confine con l’Irlanda del Nord. La delegazione del Regno Unito potrebbe mettere sul tavolo anche la proposta di un accordo sulle relazioni commerciali da sottoscrivere in parallelo a quello sulla Brexit. Ma la linea dei britannici non è ancora chiara: lo scorso 29 marzo, nella sua decisione di ricorrere all’articolo 50 del trattato sull’Unione europea, May aveva annunciato una hard Brexit. Addio dunque anche al mercato unico e all’unione doganale.

Ma come già sottolineato la posizione della premier Theresa May è debole e la sua stessa permanenza al potere è ora in discussione. Le trattative per formare il governo con gli unionisti nordirlandesi ancora non si sono chiuse e l’incendio della Grenfell Tower ha scatenato le proteste di piazza contro i conservatori. May deve fare fronte anche all’opposizione dei suoi compagni di partito, che numerosi le chiedono le dimissioni.

Da parte dell’Unione europea non cambia la linea dura: prima si discute il divorzio, soltanto dopo le relazioni future. Le sue tre priorità sono la garanzia dei diritti dei cittadini Ue nel Regno Unito, il pagamento da parte dei britannici di tutti gli impegni economici presi nel bilancio europeo 2014-2020, la sicurezza che la frontiera resti aperta fra Irlanda e Irlanda del Nord.

Un tema che sarà oggetto di controversie è quello del ruolo della Corte di Giustizia europea come garante del rispetto degli accordi. Il Regno Unito vede la giurisdizione della corte come un’intrusione ma l’Ue non sembra disposta a cedere.