Economia

Bce, Draghi: “potremmo rafforzare QE a dicembre”

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VALLETTA (WSI) – “La Bce riesaminerà la politica accomodante a dicembre”. Mario Draghi, numero uno della Bce, inizia la conferenza stampa successiva all’annuncio sui tassi – lasciati invariati ai minimi dello 0,05% – dando subito una speranza ai mercati, che scommettono sul rafforzamento ed estensione del piano di quantitative easing (QE), nel mese di dicembre. Draghi ha aggiunto che la Banca centrale europea è pronta a “estendere il QE al di là del settembre del 2016, se necessario” e ha ammesso anche che “c’è stata una discussione molto ricca su tutti gli strumenti monetari che potrebbero essere utilizzati…e la conclusione è stata: ‘Siamo pronti ad agire se necessario'”.

Immediata la reazione dell’euro, che è sceso immediatamente -1% verso la sterlina, al minimo di un mese a 72,70. Verso il dollaro, ha bucato anche la soglia di $1,12, per la prima volta dagli inizi di ottobre.

Da segnalare che la Bce ha lasciato fermi anche i tassi sulle operazioni di rifinanzimento marginali e quelli di deposito, rispettivamente allo 0,3% e -0,2% rispettivamente. Ma le cose potrebbero cambiare anche qui. Draghi ha rivelato infatti che “nella riunione si è discusso anche di tassi di interesse più bassi”, e di “abbassare ulteriormentre il tasso sui depositi”, che è già negativo.

“Gli acquisti di asset stanno procedendo bene e continuano ad avere un impatto favorevole”, ha precisato Draghi. Tuttavia, “l’incertezza sui mercati emergenti pesa sull’outlook dell’Eurozona”. Riferimento anche al calo dei prezzi delle materie prime e a un contesto che di fatto fa in modo che le pressioni sull’inflazione rimangano negative.

Insomma, i rischi sulle prospettive di crescita dell’Eurozona “restano orientati al ribasso”, e “mentre la domanda interna dell’area euro continua a restare resistente, ci sono preoccupazioni sulla crescita delle economie emergenti e sulle conseguenze sui mercati finanziari”.

E il punto è che “quando ci troviamo in un contesto di tassi a zero, i tassi reali sono condizionati dalle aspettative sull’inflazione. Quando le attese sull’inflazione diventano più negative, abbiamo tassi reali sempre più elevati”. Detto questo, il banchiere ha anche sottolineato che non è stato deciso ancora nulla sui tagli ai tassi e che ci sono state “discussioni aperte” su una tale opzione, ma anche su altre misure. “Alcuni membri del Consiglio direttivo hanno anche avanzato l’ipotesi di agire oggi”.

In ogni caso “la politica monetaria non può essere l’unico strumento. Tutti i paesi dovrebbero impegnarsi ad adottare politiche fiscali a favore della crescita”, ha ricordato, aggiungendo che comunque “non ci sono dubbi sull’efficacia della politica monetaria a prescindere dal fatto se le riforme strutturali vengano implementate o meno”.

Una domanda è stata posta anche sull’impatto dello scandalo Volkswagen sull’economia dell’Eurozona. Ma il numero uno della Bce si è trincerato in un massimo riserbo, dicendo che “è molto, molto presto per dirlo”. Sul rallentamento dell0economia cinese, Draghi ha fatto notare che il 6% delle esportazioni dell’Eurozona è diretto verso la Cina, e che in alcuni casi il numero è anche più elevato, arrivando, nel caso della Germania, al 10%. Da un punto di vista finanziario, “l’Eurozona non ha una esposizione significativa”, mentre sul fronte della fiducia, “riteniamo che quanto è accaduto finora alla crescita della Cina non ha avuto conseguenze sul resto del mondo”.

Troppe erano le pressioni su Draghi, affinché lanciasse un segnale di sostegno all’Eurozona. Il banchiere non ha potuto permettersi di restare con le mani in mano e deve promettere nuovi interventi anti deflazione.

Per contrastare questo scenario e fare ripartire una crescita fiacca, minacciata dalla crisi dei paesi in via di Sviluppo, il governatore – avevano detto gli analisti prima dell’inizio della conferenza stampa – deve intervenire ancora.

Allungando la durata del QE fino al 2017 – l’ipotesi che resta la più probabile secondo gli economisti interpellati da Bloomberg – la Bce finirà tuttavia per raggiungere presto il limite del debito monetizzabile disponibile, in particolare in Germania, Portogallo, Finlandia, Slovacchia e Slovenia.

Il rischio è quello di sbilanciare ancora di più il mercato dei bond, che già soffre di una liquidità ridotta.

L’inflazione è scivolata dello 0,1% in settembre nel blocco a 19 e le paure di un rallentamento dell’economia mondiale, a causa soprattutto della frenata dei paesi emergenti, Cina in primis, fa pensare che se le cose non miglioreranno, la banca centrale europea prima o poi dovrà intervenire.

Essendo il costo del denaro già stato abbassato al minimo possibile, per scongiurare che l’area euro piombi in una fase di deflazione e per rilanciare ulteriormente la crescita, alla banca centrale non rimane molto altro da fare.
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Si scommette dunque che le modififche al piano di acquisto di titoli di Stato da 1.100 miliardi verranno apportate a dicembre.

In un suo report, il team di analisti di Mps Capital Services aveva scritto – prima degli annunci della Bce e le parole di Draghi – che, dopo le tante dichiarazioni fatte dai membri del board negli giorni, il mercato sperava che nella giornata di oggi sarebbe stata discussa l’ipotesi di un allargamento della portata e della durata del Quantitative Easing.

(DaC-Lna)