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Banche italiane, Scope Ratings ottimista per il 2023

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È stato un terzo trimestre da incorniciare, quello delle banche italiane: i margini di interesse più ampi riflettono l’aumento dei tassi, i costi operativi e il costo del rischio sono sotto controllo, la qualità degli attivi è intatta e gli istituti mantengono adeguati livelli di riserve di capitale. Sono questi i risultati principali emersi dall’ultima analisi dell’agenzia Scope Ratings, che ha messo sotto i riflettori i dati del periodo luglio settembre e l’outlook 2023 delle principali otto banche italiane: Intesa Sanpaolo, UniCredit, Banco Bpm, Banca Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca, Bper Banca, Credito Emiliano e Banca Popolare di Sondrio.

“I fattori chiave della solida performance sono stati il rimbalzo del margine d’interesse, la solida gestione dei costi e i bassi accantonamenti per rischi“, si legge in una nota in cui si fa notare che il rendimento del terzo trimestre sul patrimonio netto medio delle otto banche italiane del campione è stato del 7,1%.

D’altro canto, la volatilità dei mercati finanziari ha continuato a incidere negativamente sulle commissioni e sui proventi da negoziazione, che hanno registrato una tendenza al ribasso, così come la debolezza dei mercati finanziari ha continuato a pesare sulle vendite di prodotti di asset management, sui volumi gestiti e sulle commissioni di performance.

L’outlook 2023 per le banche italiane

Nonostante il deterioramento del contesto macro, l‘agenzia resta positiva sulle prospettive per il 2023. “La visibilità è migliorata e poiché i tassi di mercato si sono spostati su livelli superiori alle attese, le prospettive di reddito per le banche sembrano più rosee”, ha spiegato Alessandro Boratti, analista dell’agenzia Scope Ratings, aggiungendo che “anche se l’andamento dell’economia dovesse volgere al peggio, le banche sarebbero ben capitalizzate”, motivo per cui “l’outlook 2023 sta migliorando” e “le banche sono ottimiste sulle prospettive” per il prossimo anno.

Questo soprattutto per due motivi, ovvero “un aumento dei tassi di interesse superiore al previsto, che potrebbe far aumentare il margine di interesse netto del 15%-25% rispetto al 2021, e la resilienza di chi riceve prestiti, grazie in parte alle misure governative per mitigare i costi legati all’aumento dei prezzi dell’energia”.

L’analista esclude quindi “il ripetersi di divieti generalizzati come fatto durante il Covid, ma condivide l’opinione delle autorità di vigilanza secondo cui, a fronte di una maggiore incertezza macroeconomica, impegni aggressivi sui payout potrebbero ridurre il margine di manovra delle banche“.