Economia

Banche, emorragia lavoro continua: bruciati 44 mila posti in otto anni

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Continua la grande emorragia di posti di lavoro nel settore bancario. In otto anni sono andati in fumo 44mila posti di lavoro, di cui 13.500 solo nel 2017. Alla fine del 2009 i bancari erano più di 330 mila, nel 2017 sono scesi quasi a 286 mila. E l’emorragia prosegue con i piani di uscita dei grandi gruppi.

È il dato principale che emerge da un’analisi dell‘ufficio studi di First Cisl. Particolarmente colpite le banche del Sud.

“Al Nord abbiamo perso un addetto su 10, al Sud quasi 2 su 10”, denuncia il segretario generale, Giulio Romani che sottolinea come siano “maturi” i “tempi per una riforma che tuteli il risparmio, il lavoro e che rilanci l’occupazione”.

Secondo i calcoli del sindacato, nei primi tre mesi del 2018 ai 2,9 miliardi di utile, realizzati dai cinque maggiori gruppi bancari italiani (Intesa SanPaolo, Unicredit, Banco Bpm, Mps, Ubi)  hanno dato un enorme contributo i 5 miliardi di commissioni nette che sono strettamente correlate al fattore lavoro e valgono il 119% del costo del personale, contro il 112% di fine 2017.

L’efficienza del personale dunque molto alta e il costo del lavoro assorbe solo il 33% dei proventi operativi.

Il rilancio occupazionale – spiega il responsabile dell’Ufficio Studi di First Cisl, Riccardo Colombani – è una priorità, poiché dal 2009 abbiamo avuto flessioni a doppia cifra in tutte le aree del Paese, anche se una lettura superficiale delle rilevazioni della Banca d’Italia può trarre in inganno indicando illusori incrementi in province come Torino o Bergamo che nell’ultimo anno sembrano cresciute l’una di 3.000 e l’altra di 500 addetti, mentre non è così