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Aperta la “caccia all’oro” negli abissi dei mari

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NEW YORK (WSI) – La prospettiva di una corsa all’estrazione mineraria di oro nei fondi marini apre nuove controverse frontiere sulle operazioni di scavo effettuate sott’acqua.

Uno studio tecnico dell’Autorità Internazionale dei fondi marini delle Nazioni Unite ha pubblicato un primo studio tecnico in cui si prevede che le aziende possano richiedere licenze di estrazione già a partire dal 2016. In base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, l’ISA è stato istituito per promuovere e gestire l’estrazione dei fondali marini per il più ampio beneficio dell’umanità, con una quota degli utili destinati a Paesi in via di sviluppo.

L’ISA sta studiando modalità di rilascio delle licenze che da un lato favoriscano gli investimenti e dall’altro garantiscano alle aziende operanti, attraverso incentivi, benefici commerciali. Il piano dell’ISA per di più vuole assicurare ai Paesi emergenti una fetta dei ricavi.

Ovviamente, un pensiero costante nei lavori dell’ISA è anche la necessità di salvaguardia ambientale, tanto più che la prospettiva di estrazione in acque profonde ha già scatenato un acceso dibattito tra gli scienziati. Gli esperti hanno da tempo avvertito che l’estrazione dei fondali potrebbe avere conseguenze disastrose a lungo termine per la vita marina. Tuttavia è indubbio che da qualche tempo, sul tema, si è scaturito un interesse senza precedenti da parte di società minerarie statali e private.

L’idea di sfruttare l’oro, rame, manganese, cobalto e altri metalli del fondo dell’Oceano è stata considerata per decenni, ma solo recentemente è diventata fattibile sia grazie alle nuove tecnologie e all’aumento dei prezzi delle materie prime. Michael Lodge, consulente legale di Isa, ha dichiarato alla BBC: “Siamo alle soglie di una nuova era di profonda estrazione dei fondali marini”.

E societa’ come Seabed Resources, divisione del braccio britannico di Lockheed Martin, non hanno perso tempo e si sono gia’ assicurate le licenze per iniziare le operazioni.

Il numero di licenze rilasciate per la ricerca di minerali è attualmente pari a 17 e queste coprono vaste aree del Pacifico, Atlantico e Indiano. Altre licenze seguiranno.

D’altro canto un dato basta a chiarire i possibili interessi: una valutazione del Pacifico orientale ha concluso che l’area potrebbe contenere sette miliardi di tonnellate di manganese, 340 milioni di tonnellate di nickel, 290 milioni di tonnellate di rame e 78 milioni di tonnellate di cobalto marini.