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Alert per chi investe in Thailandia, rischio default ai massimi dal 2012

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ROMA (WSI) – Il rischio di default del debito della Thailandia è il più alto dal giugno 2012: fuga dei gestori di fondi, che stanno vendendo gli asset del paese, scosso dalle proteste contro il governo.

Il costo del debito thailandese, riporta Bloomberg era già salito dopo che gli investitori, tra cui Wells Fargo, avevano smobilizzato più di $4 miliardi dall’azionario e dall’obbligazionario del paese dopo i disordini dello scorso 31 ottobre, quando le manifestazioni hanno intasato le strade di Bangkok e gli scontri hanno provocato nove morti e 550 feriti.

Pacific Investment Management, Goldman Sachs e Kokusai Asset Management, invece, avevano già ridotto le loro partecipazioni prima ancora che le proteste scoppiassero alla fine di ottobre.

Kokusai, ha tagliato le partecipazioni obbligazionarie thailandesi lo scorso anno e, per il momento, manterrà la sua quota esistente.

Fuga anche dalla valuta thailandese. Tatsuya Higuchi, gestore di fondi presso Kokusai – il più grande gestore di fondi comuni d’investimento del Giappone con 36 miliardi di dollari di asset – ha dichiarato in un’intervista che la società è “rimasta underweight sul baht dalla fine dell’anno scorso poiché i disordini politici prolungati danneggiano la prospettiva della moneta.

Intanto, i cds (credit default swap) per proteggersi dal rischio default della Thailandia e in particolare dal rischio di non rimborso dei titoli di stato a cinque anni, sono saliti fino a 158 punti, stando alle rilevazioni di CMA; si tratta per l’appunto del record dal giugno del 2012, e di un valore decisamente al rialzo rispetto ai 52 punti base precedenti l’esplosione delle violenze, i 30 dell’Indonesia e i 19 delle Filippine.

Previsioni fosche da parte di Nordea Markets, la divisione del gruppo finanziario numero uno del nord Europa, che ha affermato che i cds potrebbero salire fino a quota 200, al record dal novembre del 2011.