
ROMA (WSI) – L’anatocismo sul recupero degli aiuti di Stato è legittimo. Lo ha affermato la Corte di Giustizia dell’Ue: di conseguenza la società quotata in borsa A2A dovrà rimborsare allo Stato italiano non solo 170 milioni a titolo di capitale, ma anche 120 milioni a titolo di interessi composti per le esenzioni fiscali e prestiti agevolati concessi dall’Italia in favore di imprese di servizi pubblici a prevalente capitale pubblico.
Il riferimento è, in particolare, a quelle esenzioni fiscali e ai prestiti agevolati che sono stati concessi all’inizio degli Novanta alle società di servizi comunali. Tali agevolazioni sono state definite dalla Commissione Ue aiuti di stato incompatibili con il mercato e lesive della libera concorrenza. Di conseguenza, l’Ue ha ordinato allo Stato di recuperare le somme erogate a titolo di aiuto.
Sono partiti diversi ricorsi, da società come AEM e ASM Brescia, presentati al Tribunale dell’Unione europea per chiedere l’annullamento della decisione della Commissione. Ma i ricorsi sono stati tutti respinti nel 2009.
L’Italia ha iniziato ad attivarsi nel 2008 per recuperare le somme dei prestiti erogati, ritenendo di poter recuperare anche gli interessi composti e chiedendo dunque nel caso specifico di ASM Brescia e AEM – che intanto sono confluite in A2A – la restituzione anche degli interessi composti per un valore di 120 milioni a titolo di interessi composti. A2A protesta per la base di calcolo degli interessi dinanzi ai giudici italiani, fino ad arrivare alla Corte supreda di Cassazione, che a quel punto rimanda la questione alla Corte di Giustizia europea.
E la Corte dà appunto ragione allo Stato ricordando che, all’epoca in cui la Commissione ha ordinato il recupero degli aiuti, il diritto dell’Unione non specificava se gli interessi dovessero essere calcolati su base semplice o composta.
Poiché la decisione di recupero degli aiuti è stata adottata prima dell’entrata in vigore del regolamento dell’Unione in questione, il problema di stabilire se gli interessi dovessero essere calcolati su base semplice o composta non era disciplinato all’epoca da nessuna disposizione del diritto dell’Unione, tanto più che la prassi della Commissione vigente a quel tempo rinviava, in materia, al diritto nazionale.
Pertanto, spettava unicamente all’ordinamento italiano determinare se il tasso di interesse dovesse essere determinato su base semplice o composta.