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Accordo Usa, outlook mercati prossime settimane

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LEGNANO (WSI) – Dunque la notizia più attesa dai mercati finanziari e dal mondo intero è arrivata: gli Stati Uniti non andranno in default. Ieri è infatti stato raggiunto un accordo al Senato per innalzare il tetto sul debito e porre fine allo shutdown andando a riaprire i finanziamenti alle amministrazioni pubbliche.

Tutto ciò naturalmente dovrà seguire degli step cruciali dal punto di vista dell’iter parlamentare.

Le tappe dell’accordo

Vale la pena di ripercorrere brevemente quanto è avvenuto al fine di poterne descrivere il merito e quali saranno gli sviluppi più prossimi della vicenda che potranno poi impattare sui mercati finanziari. L’accordo trovato ieri dovrà ora passare al vaglio della Camera per il primo voto, voto che dovrebbe verosimilmente riunire i democratici, i centristi e la parte non oltranzista dei repubblicani. Dopo dovrà esserci a sua volta il voto del Senato e poi quello della Casa Bianca.

Una fondamentale premessa, a nostro avviso, è da fare in relazione alla data di oggi cioè del 17 Ottobre. Questo giorno fu infatti annunciato dal Segretario del Tesoro Jack Lew come un giorno chiave nel senso che da oggi in poi, in caso di mancato accordo, gli Stati Uniti si troverebbero solo con un gruzzolo di liquidità per fare fronte al pagamento delle obbligazioni con varie tecnicalità che avrebbero comunque permesso al Presidente di prorogarne la durata e discrezionalmente procedere a lievi innalzamenti del debito.

Ma si sa, in un mercato i cui prezzi si formano sulle aspettative degli operatori (più o meno razionali), la percezione della data del 17 ottobre era quella più significativa e uno slittamento, seppure non decisivo da un punto di vista tecnico, avrebbe potuto generare pericolosi panic selling. Ad ogni modo, e lo abbiamo visto nei giorni scorsi laddove il tema si faceva progressivamente più scottante, il mercato non ha mai prezzato davvero la possibilità concreta di un’insolvenza della più importante economia mondiale.

Certo, i grandi attori istituzionali con in pancia fette sostanziali di bond governativi Usa erano già a lavoro per studiare soluzione tecniche e legali nel caso si fosse dipinto concretamente il peggiore scenario e il warning pure era stato dato dall’agenzia di rating Fitch la quale aveva messo il rischio America sotto osservazione tecnica. Tutte manovre ad hoc? Può darsi, ma non è questa la sede per lasciarsi in considerazioni complottistiche.

I fatti

Beh i fatti? Dal punto di vista del tetto del debito, il Tesoro Usa potrà emettere titoli fino al 7 febbraio 2014 e avrà quella che si chiama “flessibilità di emergenza” che gli potrà permettere di evitare il default per un determinato periodo dopo questa data.

Sul fronte shutdown, l’accordo raggiunto finanzia il Governo fino al 15 gennaio e i dipendenti delle amministrazioni federali potranno tornare a lavoro con gli stipendi normalmente assicurati. In relazione al budget, la Casa Bianca ed il Senato si ritroveranno a ridiscuterne il 7 dicembre, mentre per quanto concerne la modifica dell’Obamacare non vi saranno modifiche se non una revisione per le procedure di calcolo dei redditi minimi per ricevere gratuitamente l’assistenza sanitaria dello stato.

Quali le ripercussioni sugli asset finanziari

La reazione dei prezzi sui primi rumours circa un possibile accordo sono state piuttosto sensate: il dollaro americano è andato a rafforzarsi in maniera drammatica contro euro e sterlina, in parte contro yen mentre è rimasto invariato contro le commodities currencies, secondo i piani correlativi e di rapporti di forza tra le major che seguiamo ormai da alcuni giorni; l’azionario è schizzato insù, e non solo quello americano ma anche e soprattutto quello europeo che permane assolutamente sostenuto.

I rendimenti dell’obbligazionario sono mediamente scesi (non quello del Bund) e l’oro in realtà è sceso solo nelle prime fasi per poi riguadagnare terreno. Il quadro generale è stato dunque logico, seppure non lineare se analizzato da un punto di vista dei flussi di liquidità in dollari americani.

Quali dunque i prossimi scenari? Da un punto di vista delle reazioni più immediate, tutte le aspettative riversate sulla giornata di oggi possono considerarsi svilite e la ratificazione ufficiale dell’accordo nelle sue diverse fasi di voto non dovrebbe portare a significativi aumenti di volatilità da qui all’ultimo voto della Casa Bianca.

Guardando un po’ più in là nell’orizzonte, è evidente che si ponga un problema di credibilità della politica e di conseguente solvibilità degli Stati Uniti. I mercati potrebbero perciò nelle prossime settimane scontare questo evento in termini di rialzo sugli obbligazionario a stelle e strisce- se si pensa alla Cina che detiene oltre 3 trilioni di dollari di debito americano e che in virtù di questi fatti potrebbe “deamericanizzarsi” e gradualmente dismettere diverse scadenze – in termini di raffreddamento dell’azionario che comunque potrebbe restare sostenuto per via di un sempre più inverosimile imminente tapering, e soprattutto in termini di possibile perdita di valore del dollaro americano il cui status come unica vera valuta di riserva a livello mondiale potrebbe sgretolarsi. Tutto ciò sarà naturalmente misurabile nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.

QUADRO TECNICO

EurUsd: enorme volatilità sull’eurodollaro ieri, che si è portato dapprima sulle resistenze in area 1,3565 per ricaricarsi e per poi essere venduto a mani basse fino all’area di supporto a 1,3480. Da lì sono partiti controflussi in acquisto nella notte che puntano di fatto nuovamente alle resistenze proprio a 1,3565. Di difficile interpretazione dunque il grafico del cambio principe che potrebbe perfino approfondire verso area 1,3590 laddove i grafici a 4 ore e orario restano ancora orientati al rialzo. Da lì i livelli si farebbero naturalmente interessanti per nuove vendite per ricerche di profitto a step di 30 pips; idem se l’area di 1,3565 non dovesse essere superata a favore della ripresa di 1,3540 (posizionamento medie oraria) con tentativi nuovamente possibili per 1,3520 e area 1,35.

UsdJpy: preciso il movimento in violazione della forte resistenza in area 98,65 il quale però non ha avuto un forte momentum a supporto e che quindi abbia permesso breakout definitivi di area 99. Il grafico a 4 ore mostra una marcata divergenza tra prezzo e oscillatore stocastico tale, al superamento di 98,40, di condurre in area 98,05. Da lì si può pensare di settare stop in pari e lavorare su eventuali approfondimenti che potrebbero però non spingersi oltre area 97,80.

EurJpy: preciso il cross nella tenuta della resistenza a 133,80 che potrebbe far pensare ad un doppio massimo in grado di condurre a discese anche significative sotto il pivot daily e i supporti a 133,30. Per maggiore probabilità di discese regolari vale la pena di attendere il cedimento di 133,15 per target a 132,65. La tenuta dell’area di supporto compresa tra 133,30 e 133,15 potrebbe risostenere la price action per ripresa dei massimi. 134 e 134,20 i punti successivi di riferimento.

GbpUsd: dinamica praticamente uguale a quella dell’eurodollaro per il cable. Discesa copiosa fino a 1,59 per riprese (anche e soprattutto nella notte) fino ad area 1,60. I primi ritracciamenti potrebbero favorire la ripesa di 1,5980 per ripartenze long anche in rottura verso 1,6050. Peseranno naturalmente le vendite al dettaglio la cui pubblicazione avverrà alle 10,30 di questa mattina. 1,5960 e 1,59 i supporti chiave.

AudUsd: reazione controcorrente per l’australiano che sulle vendite di dollari di ieri pomeriggio è rimasto assolutamente impassibile sui massimi in area 0,9550. Sul 4 ore vi sono le potenzialità per lo sviluppo di una divergenza regolare tra prezzo e stocastico per ripresa di 0,9515 (stop in pari o ingressi una volta superato) e target a 0,9480 e 0,9455. Da stimare come contenute le possibilità di un break dei massimi che difficilmente potrà condurre a livelli in area 0,9600/10. Prudente perciò deve essere il Money Management sui tentativi di violazione al rialzo.

XauUsd: nervosa la price action del gold che, da un punto di vista correlativo, non si è messo in scia al valutario non facendoci apprezzare discese importanti. L’interpretazione perciò è tutt’altro che immediata su larghi time frame. Da riferimento resta ancora la resistenza in area 1,285 che potrebbe essere ancora considerato come un ottimo punto per pensare a vendite sfruttando un buon rapporto Rischio/Rendimento. Target a 1.274, 1.269 e 1.265. Validi i timeframe a 30m e 15m per operazioni veloci e tecniche sui punti di supporto. Le rotture considerabili davvero importanti si potrebbero avere sopra 1.290 al rialzo per la ripresa di area 1.305 e 1.260 al ribasso per la rivisitazione dei minimi relativi.

Ger30: Dax davvero imponente per forza e su nuovi massimi storici. Possibili partenze pesanti per la ripresa di area 8.775 sulle ampie prese di profittoe tecnicamente sulla divergenza oraria che passa dal superamento di 8.815. Possibili approfondimenti a 8.745. Da lì vale la pena di rivalutare acquisti per la ripresa dell’ex aree di supporto, poi resistenze. Difficile pensare a nuovi massimi.

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