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Svolta storica, accordo UE a 23 su mega esercito: unione militare permanente

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I ministri della Difesa e degli Esteri di 23 Paesi Ue si sono riuniti a Bruxelles raggiungendo un accordo sull’integrazione militare a livello europeo che dovrebbe essere formalizzato a dicembre. Il patto prevede impegni comuni sulla spesa militare e lo sviluppo congiunto di progetti e armamenti. “Oggi stiamo compiendo un passo storico”, ha detto il ministro degli Esteri tedesco, Sigmar Gabriel, “stiamo prendendo accordi sulla cooperazione futura, sui problemi di sicurezza e di difesa.. è veramente una pietra miliare dello sviluppo europeo”.

L’accelerazione in questo ambito è stata favorita dalla virtuale uscita del Regno Unito dal blocco europeo: Londra, infatti, si era sempre opposta a ogni ipotesi di integrazione militare. Attualmente, sono 5 i membri che si sono chiamati fuori dall’accordo: Irlanda, Malta, Portogallo, Danimarca e, appunto, la Gran Bretagna. All’ultimo l’Austria, meno convinta, ha comunque aderito.

Da quanto trapelato al momento, l’accordo non prevede la costituzione di forze militari comuni, ma la costituzione di un fondo da 5 miliardi di euro finalizzato all’acquisto di armi e per la ricerca sul settore difesa. In più i membri firmatari sarebbero tenuti a sottoporre i propri piani di investimenti militari a un sistema di revisione comune che individui eventuali punti deboli che dovrebbero essere poi colmati, anche qui, congiuntamente. Coordinare i piani di difesa nazionali, dovrebbe ridurre la possibilità che un Paese, sfruttando passivamente l’impegno degli alleati, venga meno nel “fare la sua parte” nelle spese in questo campo.

Il nome ufficiale dell’accordo è “Cooperazione strutturata permanente in materia di sicurezza e difesa” (PESCO). Secondo la presentazione disponibile sul sito, l’obiettivo è conseguire “maggiori investimenti e cooperazione nella difesa”. Il 10 novembre la Commissione Ue ha proposto, inoltre, l’introduzione di un’area Schengen anche per gli eserciti, al fine di facilitarne lo spostamento e favorire le capacità “deterrenti e di risposta” contro “le minacce esterne”. Non è un caso che molti leader abbiano citato il caso dell’invasione russa della Crimea nel 2014 come un fattore determinante nell’imprimere questa svolta all’integrazione militare.

La mossa avrebbe l’importante conseguenza di ridurre l’influenza della Nato negli affari esteri dei singoli Paesi europei: l’integrazione militare europea, in prospettiva, dovrebbe armonizzare la politica estera del continente privilegiando gli obiettivi e gli interessi europei a quelli transatlantici.