Società

Juncker: “non indite referendum sull’Ue, si rischia sconfitta”

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Con una onestà sorprendente, Jean-Claude Juncker ha fatto un’analisi molto lucida della situazione pericolante del progetto per un’Europa unita. Il presidente della Commissione europea lanciato un accorato appello ai governi dell’Unione Europea perché non seguano le orme del Regno Unito indicendo un referendum sulla permanenza nell’Unione Europea. Il motivo è molto semplice: si rischia la sconfitta.

In Europa ci sono già tante controversie, secondo il capo dell’esecutivo europeo, che non c’è bisogno di crearne altre. Anziché andare a cercare nuovi problemi, i leader dell’Ue dovrebbero piuttosto concentrarsi su come evitare che i movimenti populisti anti europei capitalizzino sul pian politico il malumore della gente dopo la crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni.

Al minuto 4.00 del video sotto riportato Juncker dice che “in merito ai referenda sull’appartenenza all’Ue, penso che non sia una mossa astuta quella di organizzare un dibattito del genere, non solo perché sono preoccupato sul risultato finale del voto, ma anche perché questo non farà che aumentare la controversia. E tante sono le controversie già presenti in seno all’Ue”.

La vittoria dei movimenti e dei candidati anti-establishment, come dimostrano i casi eclatanti recenti dell’elezione di Donald Trump alla presidenza Usa e della successo del fronte del Leave nel referendum sulla Brexit, sono state alimentate dalla volontà di protestare contro la globalizzazione, che ha aumentato le disparità sociali e ampliato le disuguaglianze di reddito in Occidente.

Persino economisti, leader e think tank mainstream – come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, McKinsey & Company e Barack Obama – hanno dovuto riconoscere che la globalizzazione crea disuguaglianze economiche e sociali. Questo fenomeno, unito a quello dell’immigrazione, ha portato una grande fetta della popolazione – in particolare le classi e categorie impoveritesi negli ultimi anni – a preferire un isolamento protezionista.