Economia

Brexit: se accordo non passa, Ue potrebbe rinviare uscita di Londra

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Se l’accordo siglato tra Theresa May e l’Unione europea non dovesse ottenere il via libera da parte del Parlamento inglese il prossimo 11 dicembre, allora potrebbe scattare il piano B. Questa l’indiscrezione del Telegraph secondo cui qualora l’accordo venisse bocciato, l’Ue sarebbe pronta a discutere l’estensione dell’articolo 50, rinviando così l’uscita della Gran Bretagna a dopo il 29 marzo 2019.

L’ipotesi della bocciatura dell’accordo in parlamento si fa sempre più concreta alla luce dello scontro delle ultime ore sulla mancata pubblicazione integrale di un parere legale sul divorzio dall’Unione. La critica più grande all’accordo che la premier May ha ottenuto da Bruxelles riguarda il cosiddetto backstop sul confine con l’Irlanda del Nord. Secondo il quotidiano britannico la premier May sarà a Bruxelles il 13 dicembre, due giorni dopo il voto, e lì verranno avviate con i leader Ue nuove discussioni sul tema Brexit.

Intanto fanno discutere le parole dell’ex premier laburista Tony Blair intervistato da Il Sole 24 Ore a cui spiega la necessità di un secondo referendum.

Non credo che l’accordo passerà al primo turno. Ci sarà un secondo voto in Parlamento, ma anche in questo caso non vedo una maggioranza netta. Qualcuno suggerisce che alla fine ci sarà il via libera del Parlamento ritenendo questo accordo la soluzione migliore di un accordo mancato. Ma non credo che sia così, perché il deal firmato dal premier Theresa May è una via di mezzo che non piace a nessuno, né ai parlamentari favorevoli al divorzio radicale con l’Unione né a quelli che vogliono rimanere nell’Unione. Ci troviamo di fronte a un impasse che può essere sbloccata soltanto con un secondo voto. (…) Spero che alla fine si decida di non abbandonare l’Unione Europea, ma se dovesse succedere credo che bisognerà cercare di fare il meglio per il Paese ponendo l’attenzione sulle relazioni commerciali, sulla sicurezza e difesa oltre all’educazione, alla formazione e ricerca (…) Un secondo referendum darà l’opportunità ai cittadini di scegliere ancora una volta se uscire radicalmente dall’Unione Europea o rimanere. Non dare la possibilità di decidere creerebbe un senso di smarrimento a quei milioni di britannici che ancora oggi credono nell’Europa.