Economia

Banche: parte conto alla rovescia, le scadenze Bce sui crediti

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Banche italiane ancora protagoniste del panorama finanziario dopo il diktat imposto dalla Vigilanza bancaria della Bce di aumentare le coperture fino a svalutare integralmente lo stock di crediti deteriorati.

A quanto risulta al Sole 24 ore da più fonti, la Vigilanza europea ha suddiviso gli istituti europei con un livello rilevante di npl (non-performing loans) in tre macro-fasce, a seconda della capacità di coprire i crediti deteriorati e del peso dello stock sul totale crediti. L’avvio per tutte sarà il 2020 per arrivare ad una copertura del 100%  ma con scadenze differenti.

Nella prima fascia, secondo quanto afferma il Sole 24 Ore, rientrano quelle banche in grado di sostenere senza particolare problemi i maggiori accantonamenti e il cui peso dei crediti inesigibili è tutto sommato contenuto.

In questo caso, le aspettative degli ispettori prevedono una copertura minima del 60% entro fine 2020 sui crediti garantiti, copertura che dovrà crescere gradualmente ogni anno per arrivare al 100% nel 2024. Sui non garantiti, la copertura minima è del 70% a fine 2020 così da arrivare al 100% nel 2023.

Tra le italiane, a quanto risulta al Sole 24Ore in questa fascia rientrerebbero Unicredit e Intesa SanPaolo. Nella seconda fascia spazio agli istituti con una capacità più contenuta di coprire i crediti non performanti.

In questo caso si parte da una richiesta di copertura minima al 50% sui crediti garantiti al 2020, mentre l’orizzonte massimo per completare gli accantonamenti slitta di un anno, al 2025, rispetto alle banche di prima fascia. Per gli Npe unsecured, l’aspettativa della Vigilanza è che le coperture minime siano al 60% a fine 2020, per arrivare al totale al 2024.

In questa seconda fascia si ritroverebbero  a quanto risulta al Sole, ci sarebbero Ubi Banca, Banco Bpm e Bper. Infine nella terza fascia troviamo quegli istituto il cui lavoro su crediti deteriorati e Npl è più forte.

Per queste banche Francoforte ha concesso di abbassare l’asticella minima al 40% a fine 2020 sui crediti garantiti da collaterale, per allungare a sette anni, al 2026, il termine massimo per la piena copertura.

Nel terzo gruppo rientra così Mps. Proprio la banca senese insieme a Banca Carige sono due grossi mal di pancia per il governo. Nei giorni scorsi sono emersi rumor di fusioni bancarie che risolvano i problemi del sistema bancario italiano e proprio per Mps – che stamani segna un calo dello 0,33% a Piazza Affari –  la soluzione delineata chiamerebbe in campo come possibile soggetto aggregatore Ubi Banca mentre fonti bancarie puntano su Bper (+0,16%).

Per risolvere le problematiche invece di Banca Carige, oltre a una difficile fusione a tre con Mps e Ubi Banca, si è ipotizzato un percorso alternativo con un altro istituto che verrebbe aiutato da un sostegno pubblico cui la banca commissariata dalla Bce potrebbe attingere.