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Wall Street peggiora. Ma i segnali sono di ipervenduto

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New York – Wall Street peggiora dopo la pubblicazione dell’indice Philadelphia Fed, che si è attestato a un livello decisamente peggiore delle attese. Passate le 16 ora italiana, i principali indici sono poco sotto alla parita’: Dow Jones -0,23%, Nasdaq -0,35%, S&P-500 -0,18%.

Al centro delle preoccupazioni del mercato resta la questione del fiscal cliff, ma oggi si aggiunge anche il timore di un ulteriore peggioramento dei fondamentali dell’economia, complice la notizia secondo cui l’Europa è entrata ufficialmente in recessione , per la seconda volta in due anni.

Il mercato americano è reduce da una serie di sedute particolarmente difficili. Ieri l’indice di riferimento di Wall Street, lo Standard & Poor’s 500, ha toccato i livelli minimi dallo scorso 25 luglio, dunque in più di tre mesi, appesantito non solo dalle preoccupazioni circa il cosiddetto precipizio fiscale in Usa, ma anche per le rinnovate tensioni in Medio Oriente, e dunque per lo scambio di raid missilistici a Gaza, tra Hamas e Israele.

Lo S&P 500 allargato ha perso l’1,4% ieri, mentre dalla rielezione a presidente degli Stati Uniti di Barack Obama ha ceduto -5,1%; il valore è al di sotto della media mobile degli ultimi 200 giorni, in calo -7,5% dal record in quasi cinque anni, testato lo scorso 14 dicembre.

Da segnalare però che l’indice che misura la forza relativa dello S&P 600 a 14 giorni, un termometro del sentiment di mercato, è sceso ieri a 27,7 punti, calando sotto la soglia dei 30 punti per la prima volta da giugno.

L’ultima volta che l’RSI (il nome di tale indice) scese sotto quel livello – che secondo alcuni analisti tecnici indica una situazione di ipervenduto – Lo S&P mise a segno un rally +15% nei tre mesi successivi, fino a testare il massimo dello scorso 14 settembre.

I timori riguardano anche le condizioni del mercato del lavoro, dopo che le richieste iniziali dei sussidi di disoccupazione si sono attestate al record in 18 mesi, balzando di ben 78.000 unità a 439.000 unità. Colpa del passaggio dell’uragano Sandy, che si è tradotto nella chiusura degli uffici governativi e scatenato diversi blackout; di conseguenza, molti americani sono stati costretti a posticipare la richiesta dei sussidi, mentre gli altri, le cui attività sono andate ko a causa di Sandy, li hanno dovuti chiedere per la prima volta in assoluto.

Focus anche sul New York Manufacturing Index, ovvero l’indice che misura le condizioni dell’attività manifatturiera dell’area di New York, in contrazione per il quarto mese consecutivo. E’ vero che il dato è migliorato rispetto a ottobre, ma è altrettanto vero che il sottoindice dell’occupazione si è di nuovo indebolito. Il 21% delle aziende manifatturiere attive nell’area di New York ha riportato poi perdite legate al passaggio dell’uragano Sandy.

Comunicato inoltre l’indice dei prezzi al consumo, fondamentale termometro delle pressioni inflazionistiche, la cui componente core, a ottobre, è salita +0,2%, più delle attese. Su base annua, il valore complessivo dell’indice ha fatto +2,2%.

Ad alimentare la cautela, dal fronte aziendale, conti del terzo trimestre del colosso Wal-Mart, il gigante della grande distribuzione americana, che ha battuto solo di poco le stime del mercato (utili a 1,08 dollari per azione su vendite a 113,2 miliardi di dollari). Titolo -3% circa.

Tra le singole storie di giornata, in denaro Texas Instruments, dopo che il maggiore fabbricante di chip analogici ha annunciato un piano di riduzione dei costi e tagli al personale.

Balzo a due cifre per i titoli di NetApp, dopo che il secondo trimestre si è chiuso con utili superiori a quelli stimati dagli analisti. Il titolo in crescita +12%.

“Siamo gia’ un po’ ipervenduti sul breve termine e il morale degli investitori e’ stato messo a dura prova”, dice a Bloomberg Stewart Richardson, chief investment officer at RMG Wealth Management, aggiungendo: “A meno che non dovessimo riscontrare un miglioramento sul fronte del dibattito politico sul fiscal cliff, che peraltro e’ gia’ – in parte – scontato nei mercati”.

Sugli altri mercati, in ambito valutario, l’euro +0,29% a quota $1,2771; dollaro/yen +1,23% a JPY 81,23, euro/yen +1,53% a JPY 103,74.

Riguardo alle materie prime, i commodities, i futures sul petrolio +0,45% a $86,71 al barile, mentre le quotazioni dell’oro -0,45% a $1,722,40. Quanto ai Treasuries, il rendimento sul titolo decennale Usa recupera tornando sopra la soglia dell’1,6%, ovvero all’1,608%.