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Wall Street: 25 anni dopo l’infausto lunedì nero nulla è cambiato

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New York – La maggior parte di noi quel giorno se lo ricorda vagamente, altri l’hanno vissuto sulla propria pelle e c’e’ qualche laureato di oggi che ancora non era nato. Il 19 ottobre del 1987 il Dow Jones crollo’ del 23% in una sola seduta, trascinando con se’ buona parte degli indici delle borse di tutto il mondo.

I segnali di allarme lanciati in ambito economico, con la maggiore potenza mondiale che iniziava a rallentare pericolosamente, la minaccia di un incremento delle tasse e i timori che i mercati fossero stati adibiti ad hoc per compiacere gli insider sono solo alcuni dei fattori che hanno contribuito al clamoroso ‘stock crash’ della borsa statunitense.

Ma a 25 anni dal ‘Black Monday’ – l’indice delle blue chip lascio’ sul campo il 22,61% (ossia 508 punti) a 1.738,74 – gli investitori non hanno tanta piu’ fiducia nei mercati oggi: dal 2008 hanno infatti ritirato dai fondi azionari americani 440 miliardi di dollari, con i listini che sono scesi anche ai minimi in almeno quattro anni quando hanno toccato il fondo della fase ribassista. A carettirizzare la performance negativa degli ultimi anni sono stati la crisi piu’ grave dai tempi della Grande Depressione e il crollo degli indici a maggio 2010.

Il problema e’ che nonostante sia trascorso ormai un quarto di secolo da quel drammatico giorno, le misure intraprese dalle autorita’ di supervisione dei mercati per prevenire il ripetersi di un simile evento, non sono ancora riuscite a convincere gli investitori della solidita’ e affidibalita’ delle piattaforme informatiche di trading.

E al contempo la fiducia nel mondo della finanza e’ ai minimi storici, complice la crisi del debito europea successiva alla scoppio della bolla dei mutui subprime. Oggi Bill Gross, il gestore del maggiore fondo obbligazionario al mondo, PIMCO, ha scritto sul suo account Twitter che “molto probabilmente le banche centrali provocheranno un crash simile a quello del 1987”.
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Chi quel giorno era presente ricorda che “tutti cercavano disperatamente una via d’uscita nello stesso momento, il problema e’ che la porta non era abbastanza grande per tutti”, racconta a Bloomberg E.E. “Buzzy” Geduld, money manager 69enne, che allora gestiva per Herzog, Heine & Geduld il portafoglio di circa 60 trader azionari. “Oggi nel 2012 i volumi che si possono contrllare sono giganteschi, ma la porta di uscita e’ rimasta delle stesse dimensioni” di 25 anni fa.

Allora il sistema completamente informatizzato della borsa newyorchese fece perdere il controllo sulle vendite di azioni e getto’ nel panico i trader. La stolta convinzione che tutto si sarebbe sistemato lasciando che il mercato si regolasse da se’, risulto’ per l’ennesima volta fallimentare. Per prevenire un eventuale nuovo crollo azionario, il minimo sarebbe cercare almeno di non commettere lo stesso errore.