E’ arrivato il mercato orso. Che fare?

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di Alberto Raponi, consulente finanziario

L’affondo. La scorsa settimana sui mercati finanziari è stata quella della rottura dei minimi periodali, che da giugno tenevano l’indice S&P 500 in un limbo. Fino a che questo livello teneva qualche speranza restava intatta per i rialzisti, ma la rottura, confermata tecnicamente dalla chiusura settimanale sotto i 3.637 punti, lascia oramai poche speranze. Siamo in un mercato orso, c’è poco da fare.

La notizia della settimana però non va ricercata nella chiusura sopra o sotto qualche livello di qualche indice, ma la si trova nella grandissima confusione che regna un po’ in tutti i campi: quello politico, in cui non si riesce ad uscire da un pantano tra guerre, crisi di governi e tensioni geopolitiche varie; quello economico, dove le banche centrali, in ritardo su tutto, sui tassi, sulla lotta all’inflazione, sul rallentamento del ciclo che ci aspetta ma che sembrano non vedere, non riescono a sciogliere i nodi; e ora si aggiunge anche il campo finanziario, in quanto la Bank of England, messa in crisi dal nuovo governo insediatosi, è dovuta ricorrere ad acquisti di Gilt (il titolo di stato inglese) per sostenere la sterlina e dare fiato ai fondi pensione inglesi. Tale manovra va tra l’altro in contrasto con la politica monetaria della stessa banca centrale, che da tempo rialza i tassi per frenare l’inflazione oltre manica. Rialzare tassi e iniettare moneta, per fare un esempio, sarebbe come tentare di curare un drogato somministrandogli la sera la droga che il giorno gli si toglie, insomma, siamo al paradosso!

E cosa si può pretendere dai mercati in tutto questo disastro generato da continui errori? Ve lo scrivo io: NIENTE! Non si può pretendere niente se non quello che osserviamo. Prova a tenere speranzoso che qualcosa cambi, ma alla fine si arrende e cede, piano piano, le conquiste che in passato aveva fatto. Vero che nel lungo periodo i mercati prezzeranno i progressi del mondo, anzi verissimo. Prima o poi troveranno il modo di prezzare le conquiste spaziali (che sono tante) che quotidianamente avvengono; troveranno il modo di dare un prezzo all’innovazione che sta avvenendo sul settore medico, che è tanta e risolutiva, basti pensare al farmaco contro l’Alzheimer che Biogen promette sarà miracoloso. Certo, troveranno il modo ed il tempo per prezzare tutto ciò e anche il resto. Ma nel breve termine non vedono spiragli. Anzi hanno a che fare con una massa informe di incompetenza diplomatica e non solo, e quindi il voto è “scarso”,  e la pagella sono gli indici azionari. Che ovviamente scendono.

Fino a dove? Una idea di fondo potrebbe essere questa: tutti gli eccessi, ed i conseguenti errori sono partiti dal Covid-19. I massimi prima della pandemia sono intorno ai 3.400 punti sull’indice S&P 500, più o meno a 6 punti percentuali di distanza da adesso. Si tornerà la per poi fare un punto della situazione? Chissà. Potrebbe darsi che i mercati, abbagliati da una marea di liquidità e di aiuti a gogo abbiano capito che la salita era finta, creata, non sostenibile. E allora ritorneranno la per ripartire e capire se effettivamente, senza aiuti, il mercato azionario ha la forza di andare. Considerando che sono passati quasi due anni dal febbraio 2020 magari potrebbe non tornare proprio la ma ripartire da un po’ più su. Dal punto di vista tecnico grafico ora siamo entrati un una area, molto grande, di 6 punti percentuali, dove il mercato deve decidere cosa fare. Certo è che per ripartire manca ancora qualcosa, il classico short squeeze, ossia l’ondata di vendite che mette paura veramente, l’incremento di volatilità definitivo. Ma non è neanche detto che questo arrivi. Certo con lentezza è come un’agonia eterna, ma questo è…

Un altro punto molto importante, su cui si deve porre l’attenzione è il seguente: a quanto erano i tassi quando ci fu il crollo dovuto al Covid? Quindi i soldi confluivano sull’azionario per mancanza di alternative (l’acronimo TINA fu coniato a quei tempi). Ed ora? Ora le alternative ci sono. E quindi? E quindi se l’inflazione (perché è giusto parlare di tassi reali) si manterrà a tali livelli il denaro potrebbe tornare sulle azioni, se invece assisteremo ad un abbassamento del suo livello con i tassi ancora alti potremmo assistere ad una corsa ai bond che potrebbe generare altri ribassi, poi quando gli spread sul credito si saranno riassorbiti i soldi torneranno sulle borse. Insomma, qua dovranno essere brave le autorità monetarie, ma vista l’incompetenza attuale difficile  anche solo pensarlo. Mq comunque rima di vedere luce dovranno esserci segnali sull’obbligazionario, senza dubbio.

Per concludere operativamente: ci troviamo in una fase delicata, ma comunque vicina alla fine, il momento è decisivo. La fase deve essere di accumulo su tutti i fronti, in quanto i tassi sono vicini all’inversione e le borse sono a sconto. Allungare duration in portafoglio sulla parte obbligazionaria e accumulare su quella azionaria (perché potrebbe scendere ancora) sarebbe consigliabile, a un patto però: sangue freddo, perché potrebbe arrivare una tempesta finale che poi squarcerà il cielo per un futuro sereno. Nessuno ha la verità, e il caos sul fronte valutario lo dimostra, ma dobbiamo anche muoverci in questi contesti, che alla lunga sono state sempre delle grandissime occasioni, facili col senno del poi, difficili mentre si vivono.