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Via libera dalla Ue: Borletti acquista Printemps

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La Commissione europea dà il via libera all’acquisizione dei grandi magazzini Printemps da parte della cordata formata dal fondo Reof (controllato da Deutsche Bank) e dal presidente della Rinascente, Maurizio Borletti. Borletti, trentasette anni, insieme alla cordata Pirelli Re, Deutsche Bank e Investitori Associati già si è aggiudicato nel marzo 2005 la gara per rilevare gli storici grandi magazzini milanesi della Rinascente dal gruppo Ifil. Un ritorno alle origini, quello dei Borletti: “la Rinascente” infatti, nata come Magazzini Bocconi, fu proprietà della famiglia dal 1917, quando ricevette l’attuale nome, fino agli anni Settanta. Ma nell’operazione Printemps partecipa a livello personale. Nella partita per l’acquisizione dei grandi magazzini parigini di Boulevard Haussmann (ceduti dal gruppo del lusso Ppr che controlla anche Gucci) la cordata guidata dall’imprenditore italiano l’ha spuntata sulle Gallerie LaFayette, offrendo 1,1 miliardi di euro. La cessione dei magazzini Printemps, marchio storico fondato nel 1865, rientra nella strategia del gruppo Ppr di Francois-Henry Pinault che punta sempre più sul polo del lusso. Printemps ha realizzato nel 2005 un giro d’affari di 752 milioni di euro e impiega oltre 5.200 addetti nei diciassette megastore presenti in Francia. Tra i punti vendita Printemps c’è anche lo store parigino aperto nel 1856. Printemps rappresenta il 42 per cento dei 725 milioni di euro di fatturato e fa parte, ancora per poco, del megapolo del lusso Ppr, che essendo acronimo di Pinault-Printemps-Redoute dovrà essere “rinominato”. Si tratta del gruppo che controlla marchi come Gucci, Yves Saint Laurent, Boucheron, Bottega Veneta, Balenciaga, Alexander McQueen, Stella McCartney e che in ambito retail è “impegnato” in Fnac, La Redoute, RedCats, Conforama, Cfao e altri distributori minori. La cessione sarebbe nata dall’ottica di razionalizzazione degli investimenti del gruppo che vuole Ppr concentrarsi solo sui marchi a più alta redditività (il che vuol dire circa il 12 per cento per i brand “lusso” e tra il 4 e il 7 per cento per quelli retail), che di fatto ha portato alla cesione del department store (che si ferma a un “misero” 3 per cento).