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I caveau di New York sono stati rimpinzati con oltre 600 tonnellate di lingotti d’oro da dicembre ad oggi. I dati sono ufficiali visto che a fornirli è stato direttamente il World Gold Council. Ma questa fame d’oro da parte degli Stati Uniti sta “risucchiando” i lingotti da altri Paesi.
Una tale quantità d’oro non appartiene normalmente a New York, ha dichiarato John Reade, stratega di mercato del World Gold Council per l’Asia e l’Europa. Ma perché questa mossa?
USA fanno incetta di oro: pesa il timore dazi
A preoccupare la minaccia di dazi sull’oro che ha spinto le banche, gli investitori e i trader statunitensi a spostare il metallo prezioso nel Commodities Exchange Centre e in altri caveau di New York, quando altrimenti sarebbe stato conservato a Londra. “Si teme che gli imminenti dazi su Canada e Messico possano avere ripercussioni sia sull’oro che sull’argento”, ha dichiarato Nicky Shiels, responsabile della strategia dei metalli di MKS Pamp.
Trump ha recentemente dichiarato che i dazi statunitensi sulle importazioni dal Messico e dal Canada andranno avanti dopo il rinvio della loro attuazione che scadrà la prossima settimana. Il 1° febbraio, il presidente degli Stati Uniti ha firmato ordini esecutivi che impongono tariffe del 25% sui prodotti provenienti da Canada e Messico. Ma alcuni investitori temono che la minaccia delle tariffe vada oltre i due Paesi. “La preoccupazione più grande è che ci possa essere un dazio generalizzato su tutte le importazioni negli Stati Uniti e che questo si applichi anche all’oro”, ha detto Nikos Kavalis, amministratore delegato di Metals Focus. Canada e Messico sono tra i maggiori esportatori di oro verso gli Stati Uniti e secondo i dati di OEC World, gli Stati Uniti importano la maggior parte dell’oro dal Canada, seguito da Svizzera, Colombia, Messico e Sudafrica.
Da Londra a Singapore: chi perde oro
E per proteggersi da queste tariffe, l’oro viene spedito negli Stati Uniti risucchiandolo dal resto del sistema. Così le riserve d’oro nei caveau di Londra sono diminuite per il terzo mese consecutivo a gennaio, secondo i dati della London Bullion Market Association. Anche le esportazioni di oro dalla Svizzera verso gli Stati Uniti sono aumentate a gennaio, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 13 anni, secondo un rapporto della Reuters che cita i dati delle dogane svizzere. E Singapore ha spedito negli Stati Uniti una quantità d’oro superiore a quella che normalmente avrebbe spedito. Svuotando inevitabilmente i loro magazzini.
I tre fattori che guidano il rialzo dei prezzi dell’oro
A livello di prezzi, l’oro si è ritirato dal record di 2.947 dollari l’oncia toccato nei giorni scorsi. La previsioni degli analisti però vedono una corsa continua. Tra questi George Milling-Stanley, Chief Gold Strategist di State Street Global Advisors, parlando a Fox Business prevede che il metallo giallo potrebbe essere scambiato tra i 2.900 e i 3.100 dollari nel corso dell’anno. Tre i fattori di crescita a più lungo termine.
In primis le banche centrali. “Continuano i forti acquisti delle banche centrali per le riserve ufficiali. Questa è stata una caratteristica degli ultimi 15 anni del mercato dell’oro ed è stata molto importante, con una percentuale che va dal 10 al 25% della domanda totale degli utenti finali in un dato anno. E credo che questo sia un sostegno molto importante per il prezzo ogni volta che mostra segni di indebolimento”, ha spiegato Milling-Stanley. “Gli acquisti delle banche centrali sono praticamente raddoppiati nel 2022, superando le 1000 tonnellate”, ha aggiunto. In secondo luogo i mercati emergenti. “Inoltre, nell’ultimo anno, un anno e mezzo, verso la fine dell’anno scorso, abbiamo assistito a un forte aumento degli investimenti nei mercati emergenti, in particolare in Cina, ma anche in India e altrove, a cui si è aggiunto un forte aumento della domanda di gioielli nei mercati emergenti”, ha aggiunto. “Abbiamo assistito a una ripresa degli investimenti in oro nel mondo occidentale, in Europa occidentale e in Nord America, credo soprattutto a causa delle preoccupazioni per le prospettive dell’economia statunitense ed europea” ha concluso.