
La premier britannica, Theresa May, ha superato il voto di fiducia tra i parlamentari Tory innescato dal dossier Brexit: la mozione di sfiducia è stata bocciata dal voto di 200 deputati Tory contro 117.
Ad aiutare la May è stato anche il fattore tempo, perché anche se per una parte del suo partito non è la leader perfetta, sceglierne un’altra richiederebbe troppo. Tempo che oramai si fa sempre più prezioso, in vista del divorzio di Londra dall’Ue in calendario per il prossimo marzo.
La conta dei voti a favore si è rivelata da subito a suo favore. Il problema adesso sarà ottenere il disco verde parlamento per far sì che l’accordo siglato con Bruxelles diventi legge.
“Un numero significato di parlamentari ha votato a mio favore e ha ascoltato le mie parole”, ha commentato May che non era presente alla lettura del risultato perché già rientrata a Downing Street. “Ora dobbiamo lavorare insieme, ripartire da qui, tutti i politici di tutte le fazioni”, ha aggiunto assicurando che chiederà “una garanzia legale per il backstop irlandese” nell’intesa raggiunta con l’Ue.
Per conquistare il voto dei più riottosi, la premier ha promesso che non si ricandiderà alle elezioni del 2022.
I brexiteers più oltranzisti del Partito Conservatore non si considerano sconfitti dal voto sulla mozione di sfiducia da loro promossa e respinta. E anzi invitano la premier a valutare le dimissioni, visti i numeri comunque significativi del dissenso interno.
“Se hai un terzo del tuo partito contro di te e 150 di coloro che ti hanno dato la fiducia sono a libro paga” del governo come ministri, sottosegretari o altro, come credi di poter andare avanti?”, si è chiesto polemicamente uno dei falchi storici, Peter Bone, parlando apertamente di “dimissioni”.
Sulla stessa linea un altro euroscettico ultrà, Mark Francois, che si è rifiutato di fatto d’inchinarsi al voto della maggioranza e ha definito il
risultato “un verdetto devastante per il primo ministro”. Mentre il capofila dei ribelli, Jacob Rees-Mogg, ha detto di “accettare” il voto, ma ha a sua volta insistito che sarebbe sensato per la premier valutare la situazione e “dimettersi”. Diversi esponenti del governo, sia pro-Leave come il mini