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Sud Italia strozzato da credit crunch e usura

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ROMA (WSI) – Sono mesi che la realtà italiana fa i conti con il credit crunch, ovvero con la contrazione del credito. Una realtà allarmante, visto che le aziende non ripartono in questa situazione di crisi se manca “la materia prima”, ovvero la liquidità. E tale situazione è ancora più drammatica nel sud Italia, come ricporda la Cgia di Mestre, che ha elaborato i dati di Bankitalia.

Prendendo come arco temporale il periodo che intercorre tra il maggio del 2012 e il maggio del 2013, il credit crunch ha colpito soprattutto la Calabria (- 4,3%, – 374 milioni di euro), la Basilicata (-4,2%, contrazione credito -102 milioni), la Sicilia ed il Molise (entrambe con -2,7% e cali rispettivamente di 789 e di 40 milioni di euro) e la Campania (-2,6% con un monte impieghi che è diminuito di 794 milioni di euro).

In generale, le banche hanno erogato alle famiglie credito per un valore inferiore, su base annua, di 5 miliardi di euro; di questa somma, quasi 3 miliardi, ovvero il 59% del totale, sono stati sottratti alle famiglie del Sud Italia.

In una realtà come questa, famiglie e imprese disperate sono state costrette a ricorrere all’usura. Stando all’analisi dell’indice che misura il rischio usura – stilato da 15 anni circa dall’ Ufficio studi della Cgia, è emerso che nel 2012 le regioni italiane in cui la “penetrazione” dell’usura è stata più invasiva sono state, ancora, la Campania, la Basilicata, il Molise, la Calabria, la Puglia e la Sicilia.

Rispetto ad un indicatore nazionale medio stabilito dagli esperti della Cgia pari a 100, la situazione più critica si presenta in Campania: in questo caso l’indice del rischio usura è di 169,2 (pari al 69,2% in più della media Italia), in Basilicata al 159,2 (59,2% in più rispetto alla media Italia), in Molise si ferma a 153,1 (53,1% in più della media Italia), in Calabria a 150,4 (50,4% in più della media nazionale) e in Puglia il livello raggiunge quota 139 (39% in più della media Italia).

“In altre parole – ha detto il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi – a fronte di una contrazione del credito alle famiglie consumatrici che si è fatta sentire soprattutto nel Mezzogiorno, c`è il pericolo che il rischio usura, già presente in questi territori in misura maggiore rispetto altrove, assuma dimensioni allarmanti”.

Calcolare “l`usura solo attraverso il numero di denunce – ha proseguito – non è molto attendibile perché il fenomeno rimane in larga parte sommerso e risulta quindi leggibile con difficoltà, approssimazione e attendibilità relativa. Per questo abbiamo messo a confronto ben 8 sottoindicatori per cercare di dimensionare con maggiore fedeltà questa emergenza”.

Ma quello che “forse pochi sanno, – ha concluso – sono le motivazioni per le quali molti cadono nelle mani degli strozzini. Oltre al perdurare della crisi per artigiani e commercianti, sono le scadenze fiscali a spingere molti operatori economici nella morsa degli usurai. Per i disoccupati o i lavoratori dipendenti, invece, sono i problemi finanziari che emergono dopo brevi malattie o infortuni”.

Le realtà meno “esposte” al fenomeno dell’usura sono in primo luogo il Trentino Alto Adige, con un indice del rischio usura pari a 49,2 (50,8% in meno della media nazionale); la Valle d`Aosta, con 57,6 (42,4% in meno della media Italia) e il Friuli Venezia Giulia, con un indice del 69,7 (30,3% in meno della media nazionale).