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Stoccaggi di gas, siamo a buon punto per l’inverno? I numeri

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L’inverno sta arrivando, e con esso la necessità di garantire stoccaggi energetici. Un’impresa che ogni anno Europa e Italia devono affrontare per evitare crisi di approvigionamento e aumenti esponenziali dei costi energetici. E tutto questo mantenendo sempre gli obiettivi prefissati per la transizione energetica.

Un equilibrio al momento ben mantenuto da entrambe le parti: nell’ultimo decennio la componente energetica a base di rinnovabili è in continuo aumento, e così il calo della componente fossile. Rimane purtroppo stabile la necessità dell’approvvigionamento da gas metano, ed è un problema, visto che con la duplice crisi geopolitica (Russia-Ucraina, Israele-Palestina) questa materia prima potrebbe venire a meno.

Energia, UE in equilibrio tra stoccaggi e indipendenza energetica

La Commissione Europea ha recentemente riassunto l’andamento dell’UE nel campo energetico, tra crisi geopolitiche ed energetiche. Un bilancio che, secondo il Rapporto sullo stato dell’Unione energetica 2023, è abbastanza positivo, e questo davanti a una crisi energetica senza precedenti degli ultimi due anni. Tanto per cominciare, la situazione degli stoccaggi è decisamente migliore rispetto all’inverno 2022-2023: se l’anno prima l’UE era arrivata al 95%, a ottobre 2023 gli stoccaggi sono al 98%.

E tutto questo mantenendo fede agli obiettivi prefissati nel suo piano REPowerEU. Anzi, come sottolinea lo stesso report, sembra che l’utilizzo delle forniture energetiche come arma di ricatto da parte della Russia durante il conflitto in Ucraina abbia accelerato “la transizione verso l’energia pulita, diversificando le forniture e risparmiando energia.“. Ma è davvero così? In effetti, le emissioni nette di gas serra dell’UE sono diminuite di circa il 3% nel 2022. Si parla di una riduzione del 32,5% rispetto ai livelli del 1990. E sul piano della riduzione della dipendenza energetica da combustibili fossili, si segnala un calo delle importazioni del petrolio russo addirittura del 90%, dai 155 miliardi di metri cubi nel 2021 ai 40-45 miliardi stimati per il 2023.

Nel caso del gas metano, però, si registra un calo meno sensibile: l’UE ha ridotto la domanda di gas di oltre il 18% rispetto ai cinque anni precedenti. Ha risparmiato circa 53 miliardi di metri cubi di gas, ma nel frattempo ha organizzato una serie di acquisti per compensare la domanda di gas. Nel complessivo, ha raccolto circa 44,75 miliardi di metri cubi di domanda. Al 2022, secondo i dati della Commissione Europea:

“Tra gennaio e novembre 2022 la Russia (gasdotto + importazioni di GNL) ha rappresentato meno di un quarto delle importazioni di gas nell’UE. Un altro quarto è giunto dalla Norvegia, l’11,6 % dall’Algeria. Le importazioni di GNL (Russia esclusa – principalmente da USA, Qatar e Nigeria) sono state pari al 25,7%.”

Va però aggiunto che il 2022 ha permesso all’Unione Europea di aumentare la propria capacità solare fotovoltaica, aumentando di ben 41 GW la propria produzione, ben il 60% rispetto al 2021, quando aumentò di 26 GW. Ad oggi, ben il 39% dell’elettricità è stata generata da fonti rinnovabili. Addirittura, a maggio l’energia eolica e quella solare hanno superato per la prima volta i combustibili fossili nella produzione di elettricità dell’UE. Non manca quindi molto al raggiungimento dell’obiettivo 45, ovvero una composizione dell’energia prodotta entro il 2030 pari al 45%.

Stoccaggio in Italia: sempre più rinnovabili e meno petrolio

Nel caso dell’Italia, lo stoccaggio è perfettamente in linea con i livelli europei. Al 16 ottobre, siamo arrivato al 97,89% della fornitura necessaria per l’inverno 2023-2024. Ricordiamo che nel 2022-2023, si raggiunse al 31 dicembre solo l’84%. Come riportato nel grafico della Commissione Europea (dati AGSI+ Trasparency Platform), la media degli anni precedenti era decisamente inferiore, e così anche nel periodo primaverile, quando il paese riparte con lo stoccaggio. Tra marzo e aprile 2023, si era vicini al 60% delle forniture, mentre negli anni precedenti si era sotto il 40%.

Come l’Europa, anche l’Italia si è spinta sul fronte delle rinnovabili, passando tra il 2010 e il 2021 ad aumentare la quota dal 13% al 21%, riducendo però la componente fossile dall’8% al 4%, come si evince dal grafico Eurostat.

Sul piano elettrico, il mix è passato dal 27% al 42% per quanto riguardano le fonti da rinnovabili, e dal 15% al 6% per quelle da fossile. Rimangono purtroppo inalterate le fonti da gas metano: nel mix energetico rimane tra il 39-42%, e nel mix elettrico tra il 50-51% nel corso dell’ultimo decennio.

La componente gas, come per l’Europa, non si può ancora cambiare. Dati gli sforzi per ridurre la dipendenza dalle materie prime russe, l’Italia ha ricostituito il proprio mix con altri fornitori. Se nel 2021 la Russia era il nostro fornitore per 14,44 miliardi di metri cubi, oggi lo è per 2,18 miliardi, secondo dati Statista. La compensazione è venuta grazie all’aumento della quota di fornitura nei confronti di fornitori interni (LNG, ovvero i rigassificatori italiani, da 4 a 8 miliardi in 3 anni) all’Azerbaijan, passata da 2,68 a 5 miliardi. Oltre a ciò, è stata fatta opera di risparmio, passando da circa 38-39 miliardi di metri cubi di gas al semestre, fino a quasi 32-33 miliardi nel primo semestre 2023.

Italia ed Europa insieme per l’obiettivo 2030

In conclusione, la situazione non è affatto malvagia. Per quanto ancora non si sia riusciti a ridurre l’approvvigionamento da gas metano, il fatto di aver potenziato il mix energetico da materie rinnovabili e ridotto quelle fossili è già un passo in avanti verso l’obiettivo 2030. Ovvero ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, come ricorda il Quadro 2030 per il clima e l’energia.

Ma questo dovrà comunque equilibrarsi non solo per quanto riguardano gli stoccaggi, ma anche le spese energetiche. Dopo gli eventi di agosto 2022, quando i prezzi del gas hanno raggiunto il picco di 294 €/MWh, fortunatamente i prezzi del 2023 sono rimasti attorno ai 44 €/MWh. La Commissione continua a prestare molta attenzione ai prezzi dell’energia per i cittadini e l’industria, anche davanti agli “errori” commessi dai paesi per fronteggiare il caro bollette, come il garantire sussidi e aiuti a famiglie e imprese, anche a costo di finanziare indirettamente i combustibili fossili per oltre un triliardo di dollari. Scelte dovute dall’emergenza, ma che non contribuiscono alla riduzione di CO2 come prefissato dall’Accordo di Parigi.