Economia

Stiglitz: Germania esca dall’euro. Crisi finita? Non vi illudete

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Madrid – Hanno spostato l’obiettivo sulla ripresa le maggiori economie mondiali. Hanno dato un po’ più di spazio di manovra negli aggiustamenti dei deficit, esortando gli Usa a disinnescare la bomba del fiscal cliff e l’Europa a non indugiare nelle riforme anti-crisi. Quella promessa tratteggiata nella lunga notte del G20 di Città del Messico dovrà tenere conto del peggioramento delle stime di crescita mondiale, di una ripresa che si prevede sia lenta e lastricata di molti rischi, ma non sgombra il campo dagli equivoci.

Non basta al premio Nobel per l’economia, Joseph Stiglitz. La soluzione per lui è una sola: bisogna girare la porta scorrevole, prendere per mano la Germania e chiederle di accomodarsi fuori dall’Unione europea. In un’intervista rilasciata al quotidiano spagnolo El Economistaracconta la sua ricetta. “Dal punto di vista della crescita nella zona euro, questa è l’ipotesi migliore”. Motivo? “Se la Germania decidesse di lasciare l’euro, il tasso di cambio della nuova moneta europa accuserebbe un colpo, così come la crescita delle esportazioni e dell’economia”.

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Ma in fondo questo sarebbe solo un dettaglio piccolo. Quello che conta oggi, infatti, è guardare in prospettiva. Ed è su questo fronte che Stiglitz lancia il suo avvertimento: la crisi in Occidente non è affatto finita. Niente illusioni perché – prosegue – “siamo ancora nel bel mezzo della tempesta sovrana”. E’ stato guardando indietro, alla storia della Grande Recessione – correva l’anno 1929 – che l’economista ha tratto questa conclusione. Nulla però è perduto. E’ convinto che se l’Europa riuscirà a costruire una stabile impalcatura per le sue banche allora la situazione migliorerà.

“Senza una unione bancaria le risorse sono destinate a disperdersi e gli istituti non saranno in grado di affrontare la situazione”. Riconosce che l’untore della crisi è l’America, ma adesso il rischio di assistere a una fuga di capitali è forte sull’altra sponda dell’Atlantico e se dovesse mancare un comune denominatore nel sistema finanziario europeo i Paesi del Vecchio Continente sarebbero lasciati al loro destino. In altre parole sarebbe la fine. Da qui il suo ultimo consiglio: che l’Unione bancaria comprenda tutte le banche: quelle grandi e quelle piccole. La crisi d’altra parte non guarda in faccia nessuno. Non avrebbe senso per fronteggiarla quindi fare distinzioni.