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Nonostante un contesto economico globale incerto, l’Italia incassa la promozione dell’agenzia di rating Standard & Poor’s (S&P), che ha deciso di alzare il rating sovrano portandolo da “BBB” a “BBB+” con outlook stabile. Si tratta di un segnale positivo per il Paese, che premia la stabilità politica e dei mercati finanziari. All’inizio del mese Fitch ha confermato il rating BBB con outlook positivo, mentre Moody’s valuta l’Italia Baa3 con outlook stabile.
Che cosa dice l’agenzia
Secondo l’agenzia, il governo guidato dalla premier Giorgia Meloni, tra i più longevi della recente storia italiana, gode di un solido sostegno pubblico, una maggioranza parlamentare stabile e limitate minacce di opposizione. Questi fattori rendono probabile la permanenza dell’esecutivo in carica fino al 2027.
“L’upgrade riflette il miglioramento dei cuscinetti economici, esterni e monetari dell’Italia in presenza di crescenti venti contrari a livello globale e i progressi graduali compiuti nella stabilizzazione delle finanze pubbliche dall’inizio della pandemia (COVID-19)”, si legge nella nota di S&P Global.
La decisione rappresenta un punto a favore per la premier Giorgia Meloni, in vista dell’incontro di giovedì a Washington con il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che dovrebbe essere incentrato sui dazi commerciali statunitensi.
S&P Global ha osservato che la posizione creditoria netta verso l’estero dell’Italia si è rafforzata negli ultimi cinque anni fino a raggiungere circa il 15% del prodotto interno lordo, rispetto al quasi equilibrio di poco prima della pandemia.
Commentando il giudizio dell’agenzia di rating, ieri, il governatore di Banca d’Italia, Fabio Panetta, all’anteprima del Festival dell’economia a Trento, parlando dell’aumento del rating italiano da parte di S&P, ha spiegati:
“Non sono sorpreso, anzi me lo aspettavo. Tre mesi fa in occasione del Forex a Torino lo avevo detto esplicitamente. Le condizioni dell’economia italiana sono cambiate, è cambiato il modo di condurre i conti pubblici che sono stati gestiti con ragionevolezza e non sono stati trattati come una variabile indipendente. Rispetto a 15 anni fa, quando ci fu il peggioramento delle valutazioni delle agenzie, sono migliorate le condizioni del sistema bancario, che allora erano deboli e in sofferenza. Oggi siamo un creditore nei confronti del Paesi esteri, quindi non solo non mi stupisce ma potrebbe ancora migliorare la valutazione”.
Per il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti:
“Il giudizio di S&P premia la serietà dell’approccio del governo italiano alla politica di bilancio”, ha dichiarato, aggiungendo che: “nel clima di incertezza generale, prudenza e responsabilità continueranno ad essere la nostra linea d’azione”.
L’agenzia non aveva apportato alcuna modifica al giudizio sull’Italia dal luglio 2022, quando aveva rivisto l’outlook a stabile da positivo in seguito alla crisi del governo dell’ex premier Mario Draghi.
Le stime sulla crescita
La promozione arriva, intanto, in una fase di rallentamento economico, che dovrebbe mantenere nel corso del biennio in corso la crescita del Pil sotto l’1%. Secondo il DFP, il PIL italiano crescerà dello 0,6% nel 2025 e dello 0,8% sia nel 2026 che nel 2027. Questi dati sono stati rivisti al ribasso rispetto alle stime precedenti (+1,2% per il 2025 e +1,1% per il 2026), allineandosi alle proiezioni della Banca d’Italia. L’istituto centrale ha avvertito che tali previsioni includono solo una valutazione parziale degli effetti negativi dei dazi internazionali e che potrebbero risentire ulteriormente di eventuali misure ritorsive o tensioni prolungate sui mercati finanziari.
Simulazioni contenute nel DFP evidenziano che eventuali dazi potrebbero ridurre la crescita del PIL al +0,3% nel 2025, mentre uno shock finanziario potrebbe far salire il rapporto debito/PIL vicino al 140% entro il 2027.
Sfide e opportunità
Nonostante le difficoltà economiche, alcuni segnali positivi emergono dal tessuto produttivo italiano. Banca d’Italia ha osservato che molte imprese italiane, grazie alla loro capacità di esportare prodotti di fascia alta con elevati margini di profitto, potrebbero mitigare gli effetti negativi dei dazi internazionali. Questo segmento produttivo è meno sensibile ai rincari rispetto ad altri settori ed è in grado di assorbire meglio eventuali contraccolpi economici.
Parallelamente, il governo italiano sta cercando di promuovere politiche mirate per sostenere la natalità e le famiglie. Nel DFP si legge che l’esecutivo intende ampliare gli strumenti di policy per affrontare i fattori che influenzano le scelte genitoriali e migliorare l’accesso ai servizi per la prima infanzia.
Tuttavia, alcune misure già varate hanno incontrato ostacoli significativi. Ad esempio, Transizione 5.0 – il piano introdotto nel 2024 per favorire la digitalizzazione e la transizione energetica delle imprese – ha registrato un utilizzo limitato: solo 500 milioni sono stati erogati sui circa 6 miliardi disponibili entro il secondo trimestre del 2026. Anche il concordato fiscale per le partite IVA non ha raggiunto i risultati sperati: su oltre quattro milioni di potenziali beneficiari, solo il 13% ha aderito alla misura.
Governo: avanti con piano vendita asset per 20 mld
In contesto dai contorni ancora incerti, il ministro Giorgetti ha ribadito che ogni intervento sarà calibrato per garantire l’equilibrio tra investimenti strategici e controllo del debito pubblico. E, nel frattempo, ha confermato che il Governo, in linea con quanto già annunciato, procederà con il piano di vendita di asset statali per un valore di circa 20 miliardi di euro, pari all’1% del Pil, entro il 2027, per tenere sotto controllo le fragili finanze statali.
Secondo le ultime proiezioni del governo, il debito pubblico italiano, in proporzione il secondo più alto della zona euro dopo quello della Grecia, è stimato al 136,6% del PIL quest’anno dal 135,3% nel 2024, mentre il debito dovrebbe salire al 137,6% nel 2026 prima di scendere al 137,4% nel 2027.