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Sostenibilità fa rima con redditività

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L’articolo è tratto dal magazine Wall Street Italia di giugno e fa parte del lungo dossier dedicato alla sostenibilità.

di Michele Fanigliulo

Cambiamenti climatici, fonti rinnovabili e inquinamento sono alcuni dei temi principali legati alla sostenibilità, la grande “scommessa” per il futuro, una “scommessa” che non possiamo permetterci di perdere. Proprio per questo motivo, l’industria dell’asset management si sta focalizzando sempre di più sugli investimenti sostenibili.

Secondo quanto riportato nel Global Sustainable Investment Review, realizzato dalla Global Sustainable Investment Alliance, l’associazione internazionale che riunisce gli operatori del settore, a livello globale, le attività di investimento sostenibili nei principali mercati si sono attestate a 30.700 miliardi di dollari a fine 2018, con una crescita del 34% rispetto al 2016.

Per il risparmiatore è conveniente investire in strumenti finanziari che adottano i cosiddetti criteri ESG (Environmental, Social and Governance)?
Esiste o meno un “sacrificio etico” negli investimenti SRI, per effetto del quale il rendimento di tali attivi potrebbe essere penalizzato a “causa dell’utilizzo responsabile delle risorse finanziarie”?

La ricerca “Finanza sostenibile e processo di investimento: un’analisi dell’indice Euro Stoxx 600”, realizzata da Mauro Camelia e Michela de Caroli dell’Università di Siena in collaborazione con Andrea Turrini Vita e Paolo Ceccherini dell’Ufficio Gestione fondi pensione di Banca Monte dei Paschi di Siena, ha cercato di rispondere a queste domande.

A tal fine sono state realizzate delle analisi focalizzate sui titoli appartenenti all’indice Euro Stoxx 600, relativamente al periodo ottobre 2015 – ottobre 2018, per i quali sono disponibili i rating ESG di Sustainalytics. Lo studio ha considerato quattro rating principali: quello di sostenibilità ambientale, sociale, di governance e il rating ESG integrato che, di fatto, sintetizza in un unico parametro i primi tre. Con riferimento al rating di governance, è stata inoltre prestata una particolare attenzione anche al parametro Woman on Board (WoB), che individua le società dell’Euro Stoxx 600 che presentano una percentuale di donne nel Cda maggiore del 38%.

Suddividendo in quartili le società in funzione dei punteggi ottenuti su ciascuno dei cinque parametri, sono stati creati dei portafogli i cui risultati, in termini di rischio-rendimento-efficienza, sono illustrati in tabella.

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Nel periodo considerato dall’analisi, i portafogli costruiti con le società del primo quartile, utilizzando i diversi parametri di Sustainalytics, hanno registrato performance decisamente migliori rispetto al benchmark. Ad esempio, il portafoglio ESG 1° quartile ha reso nei tre anni il 14,2% (4,5% medio annuo) contro il 2,9% dell’Euro Stoxx 600. Volatilità annualizzata e Maximum Drawdown (perdita massima registrata nel periodo) non differiscono, invece, in misura significativa. Infine, lo Sharpe ratio, un indicatore di performance corretta per il rischio, conferma che i cinque portafogli sostenibili sono più efficienti rispetto al benchmark.

Interessante notare che le performance migliori sono quelle delle società che dedicano maggior attenzione ai temi della governance (performance del 16,5%) e, in assoluto, il portafoglio più efficiente è quello WoB (Sharpe Ratio pari a 0,38), sensibile alle quote rosa presenti nei Board delle società. Il risultato dell’analisi evidenzia chiaramente che l’investimento sostenibile non comporta alcun sacrificio etico, ovvero alcuna rinuncia alla performance rispetto agli investimenti tradizionali.

Al contrario, lo studio sottolinea come l’investimento etico possa risultare anche più redditizio. Quanto dimostrato dalla ricerca, trova ulteriore conferma anche in alcuni indici azionari.
È il caso, ad esempio, del MSCI World ESG Leaders Index, di fatto l’equivalente in chiave sostenibile del MSCI World Index. I due indici azionari globali, dal settembre 2007 evidenziano le stesse performance annualizzate, poco al di sopra del 5% e uno Sharpe Ratio pari a 0,34.
Una conferma ancor più evidente di come le aziende che si pongono come obiettivo primario il benessere della società e delle future generazioni riescano anche ad assicurare una crescita più che soddisfacente del risparmio nel lungo periodo, si ha osservando le performance del Pioneer Fund, il primo fondo etico della storia, nato nel 1928 e gestito sulla base di criteri di esclusione.
Tra il 1928 e fine 2018 il fondo ha realizzato un rendimento annuo di circa l’11,6%, mentre l’indice S&P 500 è cresciuto mediamente del 9,7% annuo.

 

 

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