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Siria: Usa e Turchia messe al bando da agenzia di turismo russa

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Mosca – Una scelta che ricorda la vecchia Intourist ai tempi della Guerra Fredda: nessun tour negli Stati Uniti o in Turchia, ma non perchè fuori stagione o per esaurimento posti.

La compagnia di viaggi russa “Grand Travel Group” ha bloccato qualsiasi pacchetto verso Ankara o Istanbul o New York per ragioni politiche. Una decisione non da poco, visto che le mete turche sono in cima alla classifica del ricco turismo verso l’estero da Mosca e San Pietroburgo.

“La società ha smesso di vendere viaggi in Turchia e negli Stati Uniti in relazione agli eventi dell’11 ottobre” si legge nel sito della Grand Travel. Ovvio il riferimento all’aereo passeggeri diretto in Siria, fermato dai turchi perchè sospettato di trasportare materiale bellico.

Poi, in merito alle mete statunitensi ossia “agli alleati della Turchia” si aggiunge: “L’America, non cambia le sue tradizioni e sostiene fermamente azioni provocatorie di altri Paesi nei confronti dei cittadini russi, anche se tali azioni sono di natura militarista e minacciano la vita e la sicurezza dei nostri cittadini”.

E anche se “non arrecheremo una significativa perdita economica alle ‘marionette’ americane e siamo solo una goccia nel mare, abbiamo ancora la speranza che il nostro esempio sarà seguito da altre aziende”.

La Turchia nel frattempo ha annunciato di “non volere una guerra contro la Siria”, ma che il “primo interesse” di Ankara “è la sicurezza del nostro popolo”, per questo “reagiremo a ogni colpo” che dalla Siria raggiugerà il territorio turco.

La posizione e governo turco sulla vicenda del colpi sparati dalla Siria che nelle scorse settimane hanno ucciso cinque persone in Turchia, è stata ribadita stamani dal ministro per gli Afafri Europei Egemen Bagis, a Roma per la conferenza ‘The EU and Turkey: confronting the Mediterranean challenge together’, organizzata dall’Istituto Affari Internazionali (Iai).

“Se avessimo voluto, avremmo potuto utilizzare come pretesto per attaccare l’abbsttimento di un nostro caccia (a opera di Damasco a giugno). Ma non vogliamo agire contro il popolo siriano, che paga il prezzo più alto”. Quanto agli oltre centomila profughi siriani accolti in territorio turco: “è tempo che cominciate a pensare a cosa fare per questa gente. Finora la comunità internazionale è rimasta a a guardare, proprio come e’ accaduto con la Bosnia. E non vogliamo un’altra Bosnia”.