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“Sindrome Titanic” può costare il 5% a Wall Street

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Un nuovo segnale di allerta per i mercati finanziari americani, dal nome particolarmente suggestivo, è stato appena innescato: si chiama Omaha Titanic Syndrome, coniata nel 1965 da Bill Omaha.

 

Esso si configura quando i titoli azionari che raggiungono nuovi minimi superano il numero di quelli che raggiungono nuovi massimi nel giro di sette sedute in cui l’indice di riferimento è ai massimi da un anno. A sottolineare questa situazione è stato l’analista tecnico Tom McClellan; martedì 54 società hanno toccato nuovi massimi contro 64 ai minimi da 52 settimane. E’ un segnale preliminare che inviterebbe i trader a prepararsi a un ribasso che, da più parti, si teme in misura crescente dopo l’exploit successivo all’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca.

 
La correzione che la “sindrome Titanic” potrebbe indicare, scrive l’agenzia Marketwatch, potrebbe arrivare al “5% o più” e questo potrebbe essere particolarmente temibile visto che le azioni Usa da tempo paiono sopravvalutate a diversi analisti. Che l’allarme di Ohama possa concretizzarsi non è detto, comunque, visto che in passato lo schema si è rivelato inefficace. Nella sua versione più raffinata la “sindrome” perché sia affidabile richiede che i nuovi minimi accedano i massimi per quattro sedute su cinque e che questi ultimi scendano a circa l’1,5% delle emissioni totali.

 

Secondo una nota ribassista di Citi sarà opportuno aspettarsi scossoni in occasione dell’atteso rialzo dei tassi Fed il prossimo 15 marzo; il 90% degli investitori al momento lo dà come lo scenario più probabile.