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Scandalo Vaticano: “Filmini delle orge sono in Ticino”

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ROMA (WSI) – “I filmati hard di festini in Vaticano sono conservati nella cassaforte di un notaio di Lugano. Me lo ha raccontato un imprenditore che lavora con la Santa Sede e io ho portato tutte le carte ai giudici”.

Parla Francesco Zanardi, presidente della “Rete abuso”, un’associazione italiana che ha raccolto negli anni decine e decine di denunce di giovani vittime di sacerdoti e che le ha puntualmente girate alla polizia.

Due anni fa da Zanardi si è presentato un imprenditore. E gli ha raccontato una storia di festini e adescamenti di ragazzi. Di fatti scabrosi accaduti dentro le mura della Santa Sede. “Ho preso il suo racconto con le pinze, inizialmente con molta diffidenza – racconta Zanardi -. Perché venire da me e perché dirmi quelle cose orribili? Mi ha risposto d’essere rimasto disgustato da quel mondo e che voleva uscire da un giro in cui era stato introdotto da un noto manager vicino alla Santa Sede. Erano i giorni in cui si parlava del Corvo in Vaticano. Ho capito, però, che qualcosa di vero c’era”.

Zanardi, molestato da bambino, è una specie di “cacciatore di pedofili”. Viaggia in lungo e in largo per l’Europa, ha un database ricco di dati, nomi e fatti. Cerca di capire dove sono finiti i preti condannati, se sono ancora in attività e se hanno ancora a che fare con i ragazzi. Raccoglie le notizie, le verifica, e se ritiene che abbiano un fondo di verità e un profilo penale le passa alla magistratura. È lui che ha scovato nell’esilio di Pietra Ligure don Italo Casiraghi, l’ex parroco di Gordola condannato nel 2005 per atti sessuali con fanciulli. “L’ho anche filmato, e il video l’ho messo su internet, mentre celebrava la messa – racconta -. E pensare che il parroco del paese mi aveva detto che non era più in attività”.

Ora si ritrova tra le mani un caso che per il Vaticano potrebbe avere effetti devastanti. “Man mano che l’imprenditore spiegava circostanze e fatti gli chiedevo dei riscontri – racconta-. Mi ha dato numeri di telefono, fatto nomi e cognomi, in molti casi è stato davvero dettagliato. Mi ha messo anche in contatto con un ragazzo coinvolto in uno dei festini ai quali partecipavano, mi ha detto l’imprenditore, che peraltro è gay, alti prelati, di cui mi ha fornito pure nome e cognome”.

Il rischio di incagliarsi in una bufala, nel racconto di un millantatore, però c’era. “E io ne ero perfettamente consapevole, ma sono stato al gioco – spiega il responsabile di “Rete abuso”, che aveva intuito che quell’uomo voleva anche informazioni da lui -. Forse, ho pensato, per ricattare qualcuno, per estorcere soldi. Chissà? Questo l’ho pensato quando mi ha detto che alcuni ragazzini, durante le feste, hanno fatto dei video di nascosto con i telefonini. Ho chiesto quei filmati, ma non li ho mai avuti”. Tanto che gli incontri con l’imprenditore, che lavorandoci ha un accesso diretto in Vaticano, sono improvvisamente cessati. Poi si è rifatto vivo.

“E mi ha raccontato che quei filmati li aveva messi al sicuro – dice ancora Zanardi -. Mi ha detto che li aveva affidati, in due copie, uno a un notaio di Roma e l’altro ad un notaio di Lugano, perché in Svizzera è più difficile arrivare. Anche in questa circostanza mi ha fatto nomi e cognomi, e ho verificato che effettivamente quei professionisti esistevano. Tutte le indicazioni le ho passate alla magistratura di Savona, dove ha sede la nostra associazione”.

I magistrati hanno aperto un fascicolo procedendo per adescamento, perché il reato di violenza sarebbe stato concluso e portato a termine in uno Stato estero, il Vaticano appunto. Ora il fascicolo è stato chiuso e per competenza territoriale è passato a un’altra procura, probabilmente sempre in Liguria. Della vicenda hanno parlato a lungo i giornali italiani e se ne è discusso anche in alcune trasmissioni televisive. “Io suppongo che i magistrati italiani abbiano interpellato i loro colleghi ticinesi per capire chi sia questo notaio – conclude Zanardi -. Ed è anche possibile che si vada a fondo della faccenda. Non so se questa storia sia vera e sino a che punto; questo lo dovranno dire i giudici. Io avevo uno scrupolo di coscienza ed è per questo che sono andato in procura a raccontare tutto”.

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