Gli italiani si scoprono molto cauti quando si tratta di investire il loro denaro. Basta guardare agli ultimi dati resi noti da Assogestioni sulla raccolta netta nel 2018 del risparmio gestito, che ha totalizzato circa 10 miliardi.
Anni luce lontano da quei 97 miliardi registrati solo un anno prima. A pesare soprattutto le condizioni di incertezza sui mercati con un andamento dell’economia poco rassicurante e previsioni non certo rosee che hanno cambiato il modo con cui gli italiani gestiscono il loro denaro. Così se in Italia si investe di meno, aumenta invece il numero di chi effettua depositi in quelli che considera porti sicuri, come l’ABi. In aumento del 2,4% infatti, secondo sempre quanto rivela Assogestioni, i depositi registrati presso l’Associazione bancaria italiana.
Rimanendo in tema di risparmio gestito fa discutere una recente analisi condotta da Mediobanca Securities, intitolata Italian Asset Gatherers, che analizza le principali società di vendita porta a porta, ossia Mediolanum, Banca Generali, Azimut, Fineco. La ricerca fornisce una stima dei contatti dei venditori coi loro clienti e in molti casi si riducono a qualche telefonata e due-tre visite l’anno ma in compenso fanno pagare a vario titolo commissioni esorbitanti. Per patrimoni in gestione sui 250 mila euro esse vanno dal 2% al 2,8% annui.
Secondo la ricerca tali oneri anche solo del 2% per chi si lascia gestire i risparmi personali, significano che l’industria del risparmio gestito sottrae complessivamente il 50% della cifra investita, erodendola un po’ alla volta, arrivando anche al 70% quando si tratta di un prodotto previdenziale intestato a un bambino. Scrive Beppe Scienza, esperto di risparmio e previdenza, su IlFattoQuotidiano riportando la ricerca:
I dati forniti dalla ricerca sono così gravi che in un paese normale fungerebbero da pietra tombale per le società esaminate. Ma siamo in Italia e così non sarà.