Società

Risparmi, in arrivo maxistangata da 8 miliardi l’anno

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ROMA (WSI) – Il primo luglio 2014 “entra in vigore ulteriore stangata sul risparmio coi rincari (+ 30%) dal 20 al 26% sui proventi finanziari degli italiani, ennesima ‘mini-patrimoniale del governo Renzi’, che si aggiunge ai tre i precedenti (Letta, Monti, Berlusconi), generando così una maxi patrimoniale da 8 miliardi di euro l’anno”.

Così una nota dell’Adusbef alla vigilia dell’entrata in vigore dal primo luglio delle nuove aliquote per la tassazione dei redditi di natura finanziaria.

“Nell’estate del 2011 iniziò Berlusconi moltiplicando il costo dei bolli sui conti correnti; nel gennaio 2012 il governo Monti alzò le aliquote dal 12,5 al 20% sul risparmio; nel gennaio 2014 il governo Letta aumentò ancora i bolli, dallo 0,15 allo 0,20%, una vera e propria ‘maxi patrimoniale mascherata’ sul risparmio, che produrrà un gettito di circa 10 miliardi di euro l’anno” continua la nota, specificando che “L’imposta del bollo sui risparmi, passata da una “mini-patrimoniale” quando è entrata in vigore nel 2012, ad una “maxi patrimoniale” con l’aumento previsto del 100% dal 1 gennaio 2014, dopo che nel 2013 ha subito aumenti di aliquote del 50% e senza tetti massimi, che erano di 1.200 euro, porterà nelle casse dello stato circa 3,6 miliardi di euro l’anno, oltre ai bolli sui conti correnti che daranno un gettito di 1,684 miliardi di euro a carico di correntisti e risparmiatori, già spremuti e vessati dalle banche. L’aumento non dovrebbe riguardare i conti correnti, che non rientrano tra gli “strumenti finanziari”, per i quali resta l’imposta fissa a 34,20 euro l’anno, con l’esenzione dei conti con giacenze medie inferiori a 5.000 euro”.

Per ‘Adusbef a pagare il conto saranno “famiglie, risparmiatori, contribuenti e correntisti, costretti a subire costi dei conti correnti pari ad una media di 372 euro l’anno, contro 114 euro della media Ue, i quali oltre a versare ben 5,284 miliardi di euro per avere un conto corrente o una custodia titoli, subiranno ulteriori stangate anche dall’ammortizzazione dei crediti inesigibili svalutati, i cui costi di pulizia di bilancio ammontano a 19,8 miliardi di euro (Fonte Mediobanca),sicuramente scaricati sui clienti”.

“Il rincaro del 30% si abbatterà sui conti di deposito e su tutti gli investimenti italiani, eccetto BOT,BTP e BPF (Titoli di Stato e Buoni Postali Fruttiferi), favorendo così il vantaggio fiscale per le emissioni del Tesoro, i buoni postali e le polizze, che restano al 12,5%. I risparmiatori devono farsi bene i calcoli, scegliendo fra diverse opzioni: se non faranno nulla potrebbero pagare l’aliquota maggiorata, con effetto retroattivo, anche sulle vecchie plusvalenze latenti. Le alternative sono ‘l’affrancamento’ (una vendita e riacquisto sintetica in capo agli intermediari, che riguarda l’intero portafoglio (i cui costi sono tutti da definire); la vendita effettiva dei titoli, su cui pagare il 20% fino ad oggi, per riacquistarli domani al regime del 26%. Né il governo, né tantomeno le banche, offrono informazioni per aiutare correntisti e risparmiatori a districarsi nell’ennesima giungla bancari e fiscale”.

I ‘REGALI’ DEGLI ULTIMI 4 GOVERNI A CORRENTISTI, RISPARMIATORI, UTENTI

1.Tassa sui risparmi degli italiani: 26% del guadagnato (+ 30% tranne Bot, Btp, Bpf ed altri titoli di Stato);

2.Imposta Bollo deposito titoli: 0,20% sul valore della “fotografia del deposito”, non sul guadagnato ‘capital gain’ effettivo ed incassato;

3.Tobin tax: 0,10% o tabella sul controvalore di acquisto, non sul guadagno- capital gain- ma solo perché si opera sul mercato finanziario;

4.Imposta di bollo su conto corrente (34,20 euro) + commissioni di negoziazioni (variabili da intermediario a intermediario);

5. Reintroduzione dell’anatocismo bancario, ‘interessi sugli interessi ‘ vietato dal codice civile e da numerose sentenze di Cassazione e Corte Costituzionale.

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Da domani aliquota al 26% su rendite finanziarie. Per i titoli di Stato resta al 12,5%

Conto alla rovescia per l’entrata in vigore dal primo luglio delle nuove aliquote per la tassazione dei redditi di natura finanziaria. Si passa da una tassazione dal 20 al 26%. La misura, voluta dal governo di Matteo Renzi serve a finanziare la spesa prevista dal decreto Irpef per il bonus di 80 euro che da maggio è previsto nelle buste paga dei lavoratori dipendenti che dichiarano meno di 26mila euro.

Si tratta del secondo rincaro in poco meno di due anni (con il governo Monti l’aliquota era già salita dal 12,5% al 20% dal 1 gennaio 2012) che, ha sottolineato più volte l’esecutivo, ci porta in linea con l’Europa sulla tassazione del risparmio gestito. Aumento che comunque non riguarda i risparmiatori che hanno investito in titoli pubblici che rimangono al 12,5%.

C’è tempo comunque ancora fino al 30 settembre per scegliere se ‘affrancare’ il capital gain al 30 giugno.

Ecco una sintesi delle nuove norme:

– A CHI AUMENTA L’ALIQUOTA. La tassazione passa dal 20 al 26% per i redditi da capitale (dividendi, cedole e interessi di conti correnti, depositi bancari e postali). La misura è automatica, e valida anche per i redditi derivanti da obbligazioni, titoli simili e cambiali finanziarie, maturati a partire dal 1 luglio 2014, indipendentemente dalla data di emissione dei titoli. Dal 1 luglio 2014, come precisato dall’Agenzia delle Entrate, l’aliquota di tassazione passa al 26% anche per i redditi diversi di natura finanziaria, con esclusione delle plusvalenze relative a partecipazioni qualificate).

– RISPARMIO GESTITO: Anche per il risparmio gestito (fondi comuni, gestioni patrimoniali) il passaggio è automatico e sarà il gestore a calcolare quanta parte dei guadagni è maturata con la vecchia aliquota e quanta dopo il rincaro. La tassazione al 26% sarà applicata a tutti gli strumenti soggetti al rincaro.

– NON CAMBIA PER I TITOLI DI STATO: Resta al 12,5% l’aliquota sui titoli pubblici,(come titoli del debito pubblico, Boc, Bor, Bop, buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti) e titoli equiparati, emessi da organismi internazionali, nonché per le obbligazioni emesse da Stati esteri white list e da loro enti territoriali. Per questi ultimi, l’aliquota di tassazione passa dal 20% al 12,5%, con riferimento agli interessi e ad altri proventi maturati a partire dal 1 luglio 2014 e alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione o rimborso realizzate dalla stessa data.

– POSSIBILITA’ DI ‘AFFRANCARE’: Fino al 30 settembre viene data la possibilità di ‘affrancare’ i capital gain maturati sugli strumenti finanziari detenuti su un certo conto titoli alla data del 30 giugno (non se inseriti nei casi di risparmio gestito). In questo caso il contribuente può scegliere di assicurarsi la tassazione al 20% pagando, senza vendere i titoli, un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza “latente” ai valori di borsa del 30 giugno, con l’effetto che solo i proventi realizzati dopo tale data saranno tassati al 26%. Eventuali minusvalenze non ancora utilizzate sul proprio dossier titoli possono essere ‘spese’ per ridurre il valore della plusvalenza latente da tassare al 20%, eventualmente richiedendo questa informazione alla propria banca. Per ‘affrancare’ il capital gain al 30 giugno bisogna però avere a disposizione le risorse per versare le imposte al 20% sulle plusvalenze ‘latenti’. (Ansa)