Economia

Riforma previdenziale: per i giovani si studia pensione di garanzia

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La riforma delle pensioni è ancora uno dei grandi dossier su cui sta lavorando il governo Draghi e tra le possibili ipotesi allo studio c’è anche la cosiddetta pensione di garanzia per i più giovani.
L’esigenza è quella di garantire pensioni dignitose ai più giovani e a chi ha avuto un percorso lavorativo discontinuo. Ma non solo, si tratta di incentivare le adesioni alla previdenza complementare dei più giovani e dare più flessibilità per il pensionamento.

Nei mesi scorsi il ministero del Lavoro ha avviato un confronto tra governo e sindacati e per domani 3 febbraio è previsto il nuovo tavolo tecnico mentre per il 7 febbraio è in agenda la verifica politica per indicare in quale direzione andare per rivedere la legge Fornero e studiare le misure da inserire nel Def di aprile.

Per i giovani si studia pensione di garanzia

Per i giovani che entrano ora o sono entrati da pochi anni nel mondo del lavoro c’è il rischio, tra contratti precari e malpagati di andare in pensione dopo i 70 anni e con assegni di importi limitati e sotto la soglia di povertà individuata dall’Istat a 1.011 euro (per chi vive nelle grandi città al nord) e a 930 euro (per chi vive nelle grandi città del centro sud).

Per questi motivi si pensa a una sorta di bonus che copra i periodi di formazione, di disoccupazione e di cura della famiglia. Una possibilità, allo studio già da alcuni anni, è quella della cosiddetta pensione di garanzia.

Secondo quanto evidenziato da Il Sole 24 Ore sono allo studio due ipotesi.
La prima prevede, almeno per una fetta consistente dei periodi effettivamente lavorati, un bonus contributivo virtuale. Che potrebbe scattare garantendo per ogni anno di lavoro 1,5-1,6 anni di versamenti con il concorso diretto dello Stato, fino a coprire in modalità figurativa la durata dei periodi di formazione, di disoccupazione “scoperti”, e forse anche quelli riconducibili all’assistenza di famigliari in difficoltà.
La seconda ipotesi è quella di assicurare la contribuzione figurativa sotto forma di bonus una tantum. Ma per entrambe le opzioni c’è la non trascurabile incognita dei costi a carico dello stato, ancora tutti da definire.

Per le donne si pensa di ricomprendere nel calcolo pensionistico anche i periodi di maternità. Tra le ipotesi per l’uscita anticipata delle madri lavoratrici, uno sconto contributivo di alcuni mesi (dodici secondo i sindacati) per ogni figlio.