Economia

Procedura d’infrazione all’Italia: come funziona e conseguenze

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Appena il 7 maggio scorso il vicepremier, Matteo Salvini, è ritornato su uno degli storici cavalli di battaglia della Lega: lo sforamento del 3% di rapporto deficit/Pil, se necessario a finanziare la riduzione delle tasse (flat tax) già nella prossima Legge di bilancio. La violazione di questo vincolo non potrebbe che attivare una procedura d’infrazione che, lo scorso novembre, è già stata richiesta dalla Commissione Ue (in quel caso per insufficienti sforzi nella riduzione del debito).

Attualmente solo la Spagna ha in corso una procedura d’infrazione sul deficit, ma quasi tutti i Paesi membri hanno dovuto farci i conti in passato (eccetto Svezia ed Estonia). Questo meccanismo europeo ha lo scopo di riportare sulla via del rispetto delle regole (in questo caso, quelle di bilancio pubblico) i membri europei che escono fuori dal perimetro concordato. In caso di persistente mancanza di collaborazione fra lo stato e l’esecutivo europeo, la Corte di giustizia Ue può infliggere una sanzione economica pari 0,2-0,5% del Pil del Paese. Nel caso italiano il conto da pagare ogni anno sarebbe di 4-9 miliardi euro. Finora, tuttavia, nessuna procedura d’infrazione per deficit eccessivo è mai arrivata all’applicazione effettiva delle sanzioni. Nei casi precedenti, la procedura ha comportato una supervisione più stretta sulle politiche economiche nazionali.

“I paesi in procedura d’infrazione per deficit hanno un termine di sei mesi (o tre per una grave violazione) per conformarsi alle raccomandazioni che forniscono loro un percorso concreto per correggere il loro disavanzo eccessivo entro un determinato periodo di tempo”, spiega il sito ufficiale della Commissione Ue, “una volta scaduto il termine, la Commissione e il Consiglio valutano l’azione intrapresa dallo Stato membro, al fine di mettere la procedura in sospeso o di intensificarla se lo Stato membro non avrà fatto abbastanza”.

Al netto della possibilità che il deficit possa superare il 3% nel 2020, come sembra suggerire Salvini, la procedura d’infrazione potrebbe scattare per la già citata regola del debito. Infatti, quando un Paese si trova al di sopra del rapporto debito/Pil al 60% è tenuto a ridurre l’eccedenza “a un ritmo soddisfacente” ovvero “di un ventesimo ogni anno, nella media del triennio”. E’ proprio per il mancato rispetto di quest’ultimo vincolo che la Commissione Ue, lo scorso novembre, ha compiuto il primo dei molti passi formali che potrebbero condurre a una procedura d’infrazione.

Anche se fosse scongiurato il pagamento della multa, come avvenuto anche nei casi più problematici sperimentati in passato dalla Spagna, entrare in procedura d’infrazione potrebbe danneggiare il costo delle nuove emissioni di titoli, alimentando la sfiducia degli investitori sulle finanze italiane.