Economia

PRIVATIZZARE L’UNIVERSITA’? MATCH AL FESTIVAL DELL’ECONOMIA

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(9Colonne) – Trento, 31 mag – Come su un ring Fabio Mussi, ministro dell’Università e della Ricerca, e Roberto Perotti, docente di Economia all’Università Bocconi ed editorialista del Sole 24 Ore, si sono presentati faccia a faccia sul palco del Teatro sociale di Trento, in un incontro che per le personalità coinvolte e l’argomento in questione – “Privatizzare l’Università?” – era stato annunciato dagli organizzatori del Festival dell’Economia come uno dei più vivaci. E così è stato: da un lato il ministro, a favore dell’Università pubblica, convinto del fatto che “l’università potrebbe andar meglio, ma non va così male come viene rappresentata”. Dall’altra l’agguerrito economista che sostiene la privatizzazione dell’università, l’innalzamento sensibile delle rette per gli studenti appartenenti alle famiglie più ricche, l’assunzione “libera” dei ricercatori da parte delle università e la concorrenza tra atenei. Introdotto dal rettore dell’Università di Trento Davide Bassi e moderato da Enrico Mentana il dibattito ha fatto scintille fin dall’inizio. Mussi ha esordito con un aneddoto provocatorio: “Quando tempo fa ho letto alcune paginate del Sole 24 Ore a favore della privatizzazione, ho chiamato l’editore, il presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo e gli ho detto: ‘Perotti mi ha convinto – ha ironizzato Mussi – vendo, domani vieni con dieci miliardi di euro’. E’ impallidita anche la cornetta”, ha detto il ministro sottolineando che non esistono in Italia imprenditori disposti a investire soldi nell’università: “Piuttosto comprano una squadra di calcio”. Alla privatizzazione Mussi risponde indicando la direzione opposta: “L’unico processo in corso al momento – ricorda – è quello della statalizzazione dell’Università di Urbino che era fallita e che lo Stato ha comprato per risollevare”. Quindi il ministro ha elencato in sua difesa i provvedimenti adottati in Finanziaria per combattere “la proliferazione tumorale di atenei, facoltà e corsi” e “lo scandalo delle lauree regalate” con “dipendenti della Regione Sicilia che avevano diritto a 120 crediti su 180 e carabinieri di una ‘provincia che non dico’ – ha precisato il ministro – a cui venivano dati 180 crediti su 180, praticamente una laurea ad honorem”. Oltre a ciò, ha ricordato il piano straordinario di assunzione dei ricercatori “più rispondente agli standard europei” e la riforma dei concorsi basati non più su scritto e orale, ma su una selezione “anonima” per curriculum che ostacola i “tarocchi accademici”. Come prevedibile, Mussi non ha convinto Perotti, che, per prima cosa, ha risposto al suo aneddoto: “Per comprare l’Università italiana non servono 10 miliardi di euro: non è il fatturato che si compra ma gli utili e gli utili sono pari a zero”. L’economista ha puntato il dito contro il sistema baronale che fa sì che “in un corridoio dell’Università di Bari” ci siano “cinque targhette con lo stesso cognome”, sul fatto che in Italia i poveri finanziano l’università dei ricchi, come in un “Robin Hood al contrario”, e sul mito della mancanza di fondi. Il problema è un altro: “La spesa è costruita per disincentivare la ricerca: si pagano poco i giovani ricercatori e molto gli ordinari, in base all’anzianità e non alle pubblicazioni e ai meriti scientifici”.