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Private banking, per Ubs il 40% dei miliardari in Italia è self-made

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Il 40% dei miliardari italiani si è fatto da sé, la maggior parte delle volte grazie alle proprie attività imprenditoriali”.
Lo sottolinea a Wall Street Italia Paolo Federici, market head Italy di Ubs Global Wealth Management, nel commentare i dati relativi al nostro Paese contenuti nel rapporto annuale Billionaires Insights, dal titolo “The Billionaires Effect”, firmato Ubs. “Il dato – prosegue Federici – è confermato anche dal fatto che nel corso del 2018 l’unica ricchezza cresciuta in Italia è quella legata al settore industriale, che ha registrato un incremento del 2%. Il tessuto imprenditoriale italiano si conferma quindi ricco e prosperoso.
Significativo – continua il market head Italy di Ubs Gwm – anche il tema del passaggio generazionale di questi investitori: più della metà di loro tende infatti a donare una quota maggiore del proprio patrimonio ai nipoti piuttosto che ai figli, in quanto spesso i nipoti rappresentano il momento di vera innovazione rispetto alle opportunità prospettiche dell’impresa”.

Uno sguardo sui paperoni italiani.

Giunto al suo sesto anno, lo studio fatto su scala internazionale ma con un focus anche sullItalia, attinge alla vasta rete di clienti e dati dei quali dispongono Ubs e PwC, con l’obiettivo di offrire informazioni dettagliate sui miliardari di tutto il mondo. Il report è frutto di più di 30 interviste faccia a faccia con i miliardari e i loro eredi e, per la prima volta, anche un sondaggio svolto su più di 100 client advisor di Ubs.
Di particolare interesse, come si può anche capire dai commenti mirati di Federici, è la fotografia scattata al mercato italiano. Va subito chiarito che nel 2018 il numero totale dei miliardari italiani è sceso, contraendosi da 43 a 35. Ma si osservano anche stimolanti trend per il mercato tricolore. Di questi 35 miliardari, infatti, tre sono new entry, ma soprattutto due sono donne. E le buone notizie non finiscono qui. Questi tre nuovi paperoni italiani hanno aggiunto 3,9 miliardi di dollari in “nuova ricchezza”.
Certo, questa “nuova ricchezza” non è stata sufficiente a impedire una flessione della ricchezza miliardaria totale in Italia. La contrazione è stata pari al 16%, con il dato complessivo che si è attestato a 142,7 miliardi di dollari. Non si tratta comunque di ricchezza solo frutto di passaggio generazionale.
Infatti, come anticipato sopra dal market head Italy di Ubs Gwm, la ricerca mostra che il 40% dei miliardari italiani è self-made. Non solo. I miliardari italiani self-made sono arrivati a detenere il 51% della ricchezza totale.
Nel 2018, l’unica ricchezza che è cresciuta in Italia è quella legata al settore industriale, da 11,9 miliardi a 12,1 miliardi di dollari. Peccato solo che i miliardari italiani, per quanto riguarda la performance sui mercati delle imprese quotate a cui sono collegati, hanno sottoperformato l’indice Msci Acwi del 7%.

Un mondo che resta in buona salute.

Allargando l’analisi al resto del pianeta non cambia di molto il risultato, anche se è di certo più lusinghiero di quanto visto in Italia. “Il boom nella nascita di nuovi miliardari a cui abbiamo assistito negli ultimi cinque anni ha subito una correzione naturale – spiega Federici -. Il dollaro più forte, nonché una maggiore incertezza dei mercati azionari in un contesto geopolitico movimentato, hanno creato le condizioni per questa decrescita.
Tuttavia – prosegue il top manager – a dimostrazione di come il loro business sia prospero, i miliardari continuano a creare e guidare imprese che sovraperformano costantemente gli indici dei mercati azionari. Questo talento si è riversato anche nelle loro attività filantropiche, dato che questa élite è sempre alla ricerca di nuovi modi per contribuire all’evoluzione ambientale e sociale”. Dunque che verdetto possiamo raggiungere stando ai dati contenuti nello studio? “Il ‘Billionaire Effect’ è forte e in buona salute in tutto il mondo” arriva ad affermare Paolo Federici.

La fotografia internazionale.

I dati a livello internazionale mostrano una maggiore brillantezza per quanto riguarda i miliardari presenti sui mercati azionari. Prendendo un periodo di 15 anni, e come dati finali quelli di chiusura del 2018, le aziende quotate sul mercato azionario controllate da miliardari hanno registrato una performance in aumento del 17,8%, rispetto alla media dell’indice Msci Ac World pari al 9,1%. Attenzione però. Nel complesso lo studio mette in evidenza che il dollaro forte e il mercato azionario volatile hanno portato la ricchezza dei paperoni a diminuire di 388 miliardi di dollari, arrivando a 8.500 miliardi di dollari complessivi dopo una precedente striscia di ben cinque anni di crescita.
Anche a livello mondiale viene confermato il ruolo crescente delle donne. Il numero di miliardarie è cresciuto del 46% in cinque anni.
A livello geografico spicca l’incremento, seppur leggero, della ricchezza nelle Americhe, in controtendenza con la contrazione del dato complessivo del Pianeta. Da notare l’arrivo di 33 nuovi miliardari in 12 mesi. Dando uno sguardo al settore di attività delle proprie imprese, lo scorso anno i “paperoni tecnologici” hanno visto la loro ricchezza aumentare più che in qualsiasi altro settore, grazie alle aziende già esistenti e ai nuovi protagonisti del mercato.

 

L’articolo integrale è stato pubblicato sul numero di dicembre del magazine Wall Street Italia.