Economia

Pir, cresce raccolta ma a Pmi non quotate solo le briciole

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La raccolta dei Programmi individuali di risparmio (Pir) mantiene una crescita solida, nonostante il rallentamento dei primi due trimestri del 2018 rispetto a un anno fa. Secondo l’ultimo Pir monitor redatto da Equita Sim, la raccolta raggiungerà 22,3 miliardi complessivi di masse totali, a fronte dei 15,7 miliardi a fine 2017.

“Alla luce della decelerazione del trend nel secondo trimestre e dell’andamento volatile dei mercati nel terzo trimestre, abbiamo ridotto i flussi netti dei Pir nel 2018 del 7% da 7 miliardi a 6.5 miliardi e stimiamo che l’anno si chiuda con un bilancio in termini di masse pari a 22.3 miliardi” ha dichiarato Luigi de Bellis, co -head dell’ufficio studi di Equita.

Mentre in termini assoluti resta Banca Mediolanum il leader del settore, con il 21% delle masse gestite in questi strumenti, i migliori incrementi da inizio anno sono stati realizzati da Intesa Sanpaolo, con 942 milioni.

Nonostante il successo superiore alle attese dei Pir, incentivati da un’esenzione fiscale sul capital gain nel caso in cui i titoli vengano mantenuti almeno 5 anni, resta discusso l’impatto reale sulle piccole imprese. I Pir, infatti, sono stati calibrati per favorire flussi di finanziamento sulle imprese nazionali, con lo scopo di aiutarle a crescere.

Secondo l’osservatorio di Plus24 degli oltre 17 miliardi raccolti nel 2017 solo 11,8 milioni “sono stati raccolti in aumento di capitale sul segmento Aim Italia”: la gran parte dei Pir si sono riversati in società quotate presso la Borsa di Milano “anche a causa dell’ancora ridotto numero di Pmi presenti sul listino”.

Per questo il presidente di Assofintech, Fabio Brambilla, ha suggerito che “per fare arrivare capitali a tutte le Pmi, anche quelle non quotate, bisogna introdurre l’obbligatorietà di investire almeno il 5% in titoli illiquidi (come già accade in alcuni Paesi europei, come Francia per le assicurazioni) per poter beneficiare delle agevolazioni fiscali”.