Economia

Petrolio: flop Opec+, cosa c’è dietro il mancato accordo sulla produzione

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Dopo l’ennesimo flop, due giorni fa, del vertice dell’Opec Plus, la formulazione allargata dei produttori di greggio che comprende membri del cartello e membri esterni, di pianificare il prossimo aumento della produzione di petrolio, sono in molti a chiedersi le cause del fallimento. Quello che è emerso con chiarezza durante il meeting, sono le tensioni tra Emirati Arabi Uniti, che hanno insistito per aumentare i limiti di produzione e l’Arabia Saudita, che ha resistito fino a determinare un fallimento della riunione.

Tensioni  in corso da mesi, se non anni. E che sono riconducibili ad una rivalità economica tra i due Paesi. Come si legge sul New York Times:

“Si tratta di tensioni che normalmente potrebbero essere risolte con una telefonata da un palazzo reale all’altro, ma anche sono arrivate al culmine durante le riunioni del gruppo di produttori di petrolio. Gli Emirati stanno perseguendo piani ambiziosi per espandere e modernizzare la propria economia, inclusi miliardi spesi per la sua industria energetica. Alla fine queste aspirazioni erano inevitabilmente destinate a scontrarsi con quelle del suo potente vicino” si legge. “La disputa potrebbe segnare un fondamentale riallineamento delle nazioni del Golfo”.

“L’attuale situazione di stallo dell’OPEC segnala una spinta più ampia da parte degli Emirati Arabi Uniti per affermare il proprio interesse economico e nazionale nei confronti dell’Arabia Saudita”, ha affermato Amir Khan, economista senior presso la Saudi National Bank. “C’è questa concorrenza economica strisciante nel rapporto tra le due maggiori economie arabe e la competizione è destinata ad intensificarsi”, fa eco l’analista politico degli Emirati Abdulkhaleq Abdulla.

Dopo il flop dell’OPEC+, cosa succede ora

Ma torniamo al vertice OPEC+. Quello che appare certo è che non è stata fornita alcuna data per eventuali altri incontri, ma secondo alcune indiscrezioni Reuters le contrattazioni potrebbero riprendere nei prossimi giorni.

“In assenza di un rialzo della produzione il prossimo mese – dicono gli analisti di Mps Capital services-  il contesto di deficit globale di produzione potrebbe continuare a spingere in alto i prezzi nel breve termine, con il rischio però di ripercussioni negative nei prossimi mesi a causa di effetti collaterali sulla domanda. La situazione è fluida e le negoziazioni potrebbero essere riattivate in tempo per aggiungere ulteriore produzione ad agosto (l’Iraq spera di riuscire a riprendere la discussione in una decina di giorni), ma l’immagine di unità del gruppo dei produttori ne esce comunque danneggiata”.

Secondo fonti anonime, l’amministrazione Biden avrebbe chiesto con urgenza ai membri OPEC+ di trovare una soluzione per aumentare la produzione. Nel frattempo, secondo la Russia è improbabile un accordo sul nucleare con l’Iran entro il 15 luglio (per adesso non è stata ancora fissata una data per il settimo round di negoziazioni).

Petrolio: le stime di Goldman Sachs

Intanto, il rinvio a data da destinarsi della riunione dell’OPEC+ di luglio non dovrebbe avere effetti troppo negativi sul mercato del greggio e i suoi prezzi. A sostenerlo è una ricerca di Goldman Sachs, che all’indomani dello stop alle trattative dell’OPEC+, conferma la sua previsione per un graduale aumento della produzione fino al primo trimestre del 2022 e per i prezzi del Brent intorno agli 80 dollari al barile per quest’estate.

“Il nostro scenario base rimane per un graduale aumento della produzione nel secondo semestre del 2021 – leggermente superiore a quello discusso dal gruppo (a un tasso mensile di 0,5 mb/g), seguito da simili aumenti della produzione nel primo trimestre del 2022, per mettere fine al calo delle scorte, ai minimi dal 2013″, scrivono in una nota gli analisti Damien Courvalin e Jeffrey Currie.