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Per quanto ancora i FAANG possono reggere Borse sulle spalle?

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A metà settembre l’indice S&P 600 delle imprese Usa a bassa capitalizzazione era quello con la performance più positiva negli ultimi dodici mesi, ma da allora i guadagni hanno iniziato a fare spazio a una fase di debolezza. Anche se l’indice S&P 500 delle società a maggiore capitalizzazione e l’S&P 400 delle mid-cap scambiano ancora in rialzo, le small cap arrancano.

Si tratta di un indebolimento che sta avendo un impatto su un numero crescente di titoli e settori. Sulla carta i listini S&P 500 e Nasdaq si stanno comportando ancora bene, la maggior parte delle aziende quotate – salvo i grandi big dell’hi-tech – in realtà è in difficoltà. Solo i gruppi più grossi e più influenti riescono a continuare ad attirare l’interesse degli investitori.

Alla lunga i FAANG non possono resistere facendo tutto il lavoro da soli. Qui sotto è riportato un grafico utile per fare il punto della situazione: oltre all’indice delle small cap che continua a calare, anche il paniere delle mid cap inizia a perdere il passo.

La forza mostrata da S&P 500 e Nasdaq poggia su basi poco solide, in verità: è un gruppetto striminzito di grandi gruppi aziendali, i FAANG, a sostenere il mercato. Il secondo grafico in allegato (vedi sotto) mostra i titoli quotati sul Nasdaq che scambiano sopra la media a mobile a 200 giorni e anche sopra a quella a 50 giorni.

Considerando che il Nasdaq scambia sopra entrambi i livelli tecnici, ci sarebbe da aspettarsi una situazione diversa da quella evidenziata dal grafico, ossia che la maggior parte delle azioni che costituiscono l’indice composito viaggi allo stesso ritmo del paniere generale. Non è così. La maggioranza scambia sotto entrambe le medie.

Finché le large cap – che contano per circa i tre quarti della capitalizzazione di mercato complessiva – riusciranno a trascinare il resto del mercato in alto, nessun rialzista si lamenterà di quello che fanno i gruppi più piccoli, nonostante i pericoli sottostanti. Il problema è che non ci troviamo in un contesto normale, bensì in condizioni molto particolari.

I cinque titoli più richiesti del Nasdaq 100 sono i FAANG (che rappresentano il 47% della capitalizzazione totale) e se si guarda ai fondamentali della altre aziende quotate, il rapporto tra prezzo di Borsa e stime sugli utili non è poi così in salute.

La domanda da porsi allora è la seguente: riusciranno ancora a lungo i FAANG a sostenere sulle proprie spalle i rialzi del resto del mercato? La risposta a giudicare dai grafici sembra essere negativa, principalmente perché non c’è una domanda sufficiente al momento, se non per i titoli più influenti e di alto profilo (Facebook, Apple, Amazon, Netflix, Google).

Fino a quando la situazione resta questa, i tori potrebbero trovarsi a combattere una battaglia persa in partenza.