Società

Pandemia: senza restrizioni lockdown in due settimane. Lo dicono i numeri

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di Michele Fanigliulo

La soglia di 2.300 posti occupati in terapia intensiva fissata dal Governo per valutare un eventuale lock-down nazionale sarebbe stata raggiunta entro i prossimi quindici giorni. Lo dicevano i numeri prima del DPCM di oggi.
All’Ufficio Studi di Wall Street Italia monitoriamo costantemente l’andamento delle curve pandemiche in Italia. Le accelerazioni di questi ultimi giorni non lasciano spazio a dubbi: gli interventi erano necessari. Vedremo se sufficienti. Il nostro studio mira soprattutto a dare risposta alle tante domande che ci stiamo facendo da cittadini in questi giorni. Una su tutte, c’è il rischio di un lock-down nazionale? E se sì quanto e come peserà sull’economia del Paese già in difficoltà? In questo articolo rispondiamo alla prima domanda, quella relativa ad un possibile nuovo lock-down, mentre nei prossimi giorni approfondiremo la parte economica.

I risultati dell’analisi

Questi i risultati del nostro studio che andremo ad analizzare punto per punto.
• Per il momento l’analisi della curva epidemiologica conferma che, se pur in forte peggioramento, la situazione attuale è migliore rispetto a marzo/aprile 2020.
• Il rapporto tra la variazione giornaliera dei casi totali e quella dei tamponi è ben distante dai dati di marzo/aprile, ma la curva si sta impennando molto velocemente.
• Il numero delle terapie intensive e dei ricoveri ospedalieri conferma quanto sopra, ma anche in questo caso si assiste ad un veloce peggioramento.
• Sì, misure restrittive aggiuntive sembrano essere necessarie poiché il tasso di crescita delle terapie intensive, forse unico dato realmente paragonabile con quelli di marzo aprile, è (come abbiamo detto) in crescita veloce.
• Se la soglia di 2.300 terapie intensive è la condizione per cui servirà un ulteriore lock-down nazionale, entro un paio di settimane, ai tassi di crescita attuali, potremmo aver superato tale soglia.

Rapporto casi totali su tamponi

Paragonare semplicemente il dato di crescita giornaliera dei casi totali di marzo ed aprile, con i tassi attuali di crescita è un esercizio che restituisce un quadro sbagliato e non paragonabile. Questo in virtù della differenza importante di tamponi effettuati a marzo/aprile e nell’ultimo mese e al fatto che a inizio pandemia i tamponati erano per lo più già casi gravi o spedalizzati. Nel dettaglio, mediamente, a marzo si sono effettuati quasi 16.000 tamponi giornalieri e circa 48.000 ad aprile, con un incremento giornaliero di casi totali, mediamente pari a circa 3.400 in entrambi i mesi.

Se guardiamo settembre e ottobre, mediamente sono stati fatti rispettivamente poco meno di 90.000 tamponi giornalieri e mediamente oltre 120 mila tamponi giornalieri ad ottobre (dal 1 al 24 ottobre). In questi mesi mediamente l’incremento giornaliero dei casi totali ammonta ad oltre 6 mila nuovi casi al giorno. Se prendiamo gli ultimi 10 giorni, l’incremento giornaliero medio di casi è nell’ordine dei 13.000 nuovi casi totali al giorno, col picco di quasi 19.640 nuovi casi il registrato il 24 ottobre.

Chiaro dunque che, visto il numero così inferiore di tamponi effettuati, paragonare l’incremento giornaliero di casi totali (o dei positivi) tra i due periodi appare insensato e anzi genera un “effetto terrorismo” che non fa bene al Paese. Sarebbe a nostro avviso importante dunque dare sempre un dato come quello riportato nel grafico (rapporto tra la variazione dei casi totali e la variazione dei tamponi giornalieri) che sicuramente appare più comparabile rispetto al mero numero di nuovi casi. I dati sono inoltre pubblici e dunque qualsiasi organo di stampa può calcolarli con facilità.

Come si evince dal grafico il rapporto tra la variazione giornaliera dei casi totali e dei tamponi attuale rimane lontana dai livelli di marzo e aprile (9-10% vs oltre 20%-25%) se pur in forte crescita. Questo rimane un aspetto positivo da sottolineare. Detto questo però, tale ratio, da inizio ottobre (con l’inizio della stagione fredda), ha cominciato a crescere velocemente. Ne deriva che, la preoccupazione degli esperti, è giustificata.

Dato su terapie intensive e ricoveri ospedalieri
Anche il dato su terapie intensive e ricoveri ospedalieri, forse il dato più facilmente confrontabile con i mesi di marzo e aprile, sembra confermare quanto detto sopra.

Per il momento infatti il numero di persone in terapia intensiva è ben lontano dai livelli di marzo e aprile, come anche il numero di persone ricoverate con sintomi. Resta però il fatto che la curva si sta impennando velocemente e questo è un dato immediatamente paragonabile con quello dei mesi passati poiché indipendente dai tamponi effettuati.

Un grafico che forse ci restituisce meglio il quadro della situazione però può essere il seguente che mette in relazione il numero delle persone in terapia intensiva con quella dei ricoveri ospedalieri.

Si nota che mentre nel periodo di quarantena il ratio crollava velocemente passando da oltre il 14% a una fascia tra il 6 e l’8% del periodo estivo, il ratio è ora tornato a crescere, riportandosi al 10% ed evidenziando un’inclinazione rialzista. Non solo, facciamo notare come il ratio sia tornato al di sopra della media mobile a 14 periodi (periodo di incubazione del virus).

Effettivamente anche questo grafico, pur evidenziando un quadro migliore rispetto a quello di marzo aprile, evidenzia ancora di più le ragioni di chi sottolinea la necessità di un intervento per arginare e controllare la curva epidemiologica.
Sarebbe sicuramente interessante conoscere la lettura di questo grafico dei medici esperti del settore.

A nostro avviso comunque potrebbero essere tre le ragioni che spiegano il peggioramento della situazione:
• Nei mesi estivi il virus agisce da solo, rispetto alla coesistenza anche con semplici raffreddori, tosse e stati influenzali che caratterizzano le mezze stagioni e l’inverno.
• In generale i virus sembrano indebolirsi nella stagione estiva compreso quello dell’influenza.
• Ne consegue che ospedali meno carichi riescono a gestire meglio i pazienti, evitando più facilmente l’aggravarsi del quadro clinico.
Quest’ultimo punto spiega anche la preoccupazione relativamente al tasso di saturazione delle terapie intensive a causa del covid che espone anche malati gravi non covid al rischio di non avere posti in terapia intensiva.

Le stime: rischio di lock-down nazionale ai tassi attuali in poche settimane
In base alle attuali terapie intensive (TI) disponibili (circa 6.628, rispetto ai 5.179 disponibili al 31 dicembre 2019), la soglia critica che potrebbe rendere necessario un altro lock-down nazionale (con effetti disastrosi sulla già debole economia italiana) è stata fissata dagli esperti che collaborano col Governo a 2.300 TI. Attualmente siamo a poco più di 1.000 terapie intensive (1.128 al 24 ottobre 2020).
Sorge spontanea la domanda. Ai tassi di crescita attuali delle TI entro quanto tempo potremmo raggiungere questa soglia critica? La risposta a questa domanda è ancora più importante perché ci aiuta a capire il perché delle ulteriori misure restrittive. Ebbene, secondo i nostri calcoli, considerando i tassi di crescita delle TI di settembre e ottobre e limitandoci a proiettare tale tasso avanti nel tempo, potremmo raggiungere tale soglia critica entro il 9-10 di novembre, dunque in una quindicina di giorni (senza considerare l’impatto delle misure in vigore dal 26 ottobre).

Il grafico sopra evidenzia tale tendenza (scenario base) e forse ci aiuta a capire il perché di ben due DPCM nell’arco di pochi giorni. Il Governo tenda di scongiurare il lock-down nazionale sperando di contenere la curva epidemiologica su livelli gestibili per non pesare sul sistema sanitario e vuole farlo prima di dicembre, mese importante per consumi ed economia.
Tale tendenza sembra anche confermata dalla proiezione per i prossimi giorni del ratio che abbiamo analizzato sopra, ovvero la variazione giornaliera dei casi totali rispetto ai tamponi.
Anche in questo caso, la tendenza degli ultimi giorni, senza alcun intervento ulteriore, sembra confermare un paio di settimane come periodo di tempo per tornare sopra il 25% (valori di fine marzo). Entro il 15 del mese di novembre ci potremmo ritrovare nella condizione di sforare ampiamente le 2.300 TI e riportare il rapporto tra casi totali e tamponi al 25%.

Conclusione

Dalla nostra analisi emerge dunque un quadro attuale ben diverso (meno grave) rispetto a quello di marzo aprile ma in veloce evoluzione e peggioramento, rendendo comprensibile l’ulteriore stretta del Governo.
Che poi le scelte sancite dal DPCM siano anche quelle migliori per il Paese non sta a noi giudicare, anche perché consapevoli del fatto che i tecnici del Governo hanno visibilità su studi scientifici d’impatto delle varie decisioni (restrizioni su bar, scuole, mezzi pubblici ecc..) sulla curva epidemiologica italiana.