Inflazione, crescita e politiche fiscali: le sfide del quarto trimestre 2022
Nel mercato obbligazionario, la volatilità rimane estremamente elevata, incidendo potenzialmente sul recente rally dei rendimenti di Treasury, Btp e Gilt. Nonostante i mercati stiano facendo i conti con un’inflazione persistente e le conseguenti politiche monetarie restrittive, ci sono diverse sfide aperte per le banche centrali. Negli Stati Uniti, dove la crescita economica rimane robusta, la Fed può controllare meglio le pressioni inflazionistiche tramite restrizioni monetarie. Ne consegue che, finché l’obiettivo della Fed di portare l’inflazione sotto controllo non sarà raggiunto, i mercati continueranno a cambiare previsioni di rialzo dei tassi. In zona euro, invece, i timori principali sono legati alla minaccia dell’impatto che l’inflazione guidata dalla scarsitá di offerta potrà avere sulla crescita economica e questo pone la Bce di fronte a scelte complesse. Infine, la scorsa settimana il Regno Unito si è trovato a fare i conti, oltre che con il complicato contesto economico e finanziario globale, anche con le problematiche legate all’annuncio della politica fiscale ultra-espansiva del nuovo governo di Liz Truss. A seguito della notizia, la Bank of England (BoE) è dovuta scendere in campo annunciando acquisti temporanei dei Gilt a lunga scadenza per placare l’enorme vendita sui mercati azionari e obbligazionari. Una mossa che è stata ben accolta dai mercati, anche se i Gilt continuano a pagare un premio al rischio impensabile solo alcune settimane fa.
Inflazione e recessione
Per i prossimi anni negli Stati Uniti si stima una crescita reale debole ma comunque positiva, nonostante la Fed abbia reso ormai chiaro di essere disposta a sacrificare la crescita economica pur di combattere l’inflazione. A seguito dei 12 rialzi avvenuti finora, i mercati prezzano in totale 5 ulteriori rialzi dei tassi da 25 punti base, di cui almeno 4 entro la fine dell’anno. Solo a metà dell’anno prossimo i numeri sul mercato del lavoro e sull’indice dei prezzi ci diranno se la Fed potrà allentare il percorso restrittivo. La debolezza di tali dati potrebbe paradossalmente rivelarsi una boccata d’aria per gli indici azionari globali. In Europa gli effetti dei rischi geopolitici ed economici sembrano più preponderanti che Oltreoceano.
Obbligazionario e azionario: cosa aspettarsi da qui alla fine dell’anno?
Sul mercato obbligazionario abbiamo assistito a uno dei trimestri peggiori degli ultimi anni, con l’obbligazionario governativo in perdita a livello globale. Ha retto meglio, invece, il mercato del credito a basso merito creditizio, soprattutto grazie alla duration generalmente più corta. Da qui alla fine dell’anno ci aspettiamo un’elevata volatilità dei tassi finché le pressioni inflattive non rientreranno sotto controllo, mentre sul fronte del credito è preferibile spostarsi verso rating più elevati per limitare il rischio spread. Per quanto riguarda le opportunità sui rendimenti dei bond, la parte lunga della curva potrebbe sovraperformare qualora le banche centrali fossero costrette a interrompere i cicli di rialzi. Restano, tuttavia, diversi fattori da considerare: la volatilità rimane troppo elevata e le curve sono generalmente piatte. Per questo motivo Moneyfarm preferisce un approccio conservativo alla duration, sebbene comincino a delinearsi alcuni spunti per l’allungamento delle scadenze. Fondamentale, a nostro avviso, mantenere una percentuale di obbligazionario nei portafogli per garantire un equilibrio rispetto all’andamento della componente azionaria. Il rallentamento dei mercati azionari risulta in linea con i cicli economici al ribasso a cui abbiamo assistito in passato. Possiamo aspettarci un mercato più stabile anche in un contesto di tassi a breve in salita, ma solo quando saranno prezzate le probabilità di rialzo e l’inflazione sarà più contenuta.
Alla luce dello scenario sopra descritto, abbiamo adottato una strategia improntata alla riorganizzazione geografica delle nostre posizioni. In particolare, abbiamo ridotto l’esposizione all’azionario e high-yield europeo verso posizioni più globali. Nell’azionario prediligiamo Usa e Giappone, mentre nell’obbligazionario abbiamo aumentato le posizioni Usa.