Economia

Non solo oro: gli altri beni rifugio su cui puntare

Il panorama macroeconomico degli ultimi anni è costante mutamento, caratterizzato da  un’inflazione persistente, rialzi dei tassi, tensioni geopolitiche e politiche fiscali poco coordinate.

In questo contesto, anche i cosiddetti “beni rifugio” – asset considerati tradizionalmente stabili nei momenti di crisi – stanno perdendo la loro prevedibilità.

L’oro è salito ai massimi storici, sfidando la logica dei mercati, nonostante l’aumento dei rendimenti obbligazionari. I Treasury statunitensi e il dollaro, pilastri della difesa nei momenti di turbolenza, mostrano comportamenti anomali: alta volatilità per i titoli di Stato USA e indebolimento della valuta americana. Le correlazioni classiche sembrano non valere più.

Così Ritu Vohora, Investment Specialist, Capital Markets di T. Rowe Price che analizza il comportamento dei beni rifugio nell’attuale contesto di mercato.

Stati Uniti: fine di un’eccezionalità?

Dopo anni di leadership indiscussa, gli Stati Uniti stanno affrontando una perdita di fiducia sui mercati. Le vendite contemporanee di azioni, obbligazioni e dollari USA segnalano una crescente incertezza.

Dal 2020 il governo statunitense ha emesso ogni anno 2.300 miliardi di dollari di nuovo debito, in un contesto in cui normative più rigide hanno ridotto la capacità di assorbimento da parte degli operatori di mercato. Il risultato? Una liquidità più bassa e maggiori rischi, paragonabili a un traffico che da quattro corsie si restringe a una sola.

A questo si aggiungono instabilità politica interna, politiche protezionistiche e timori di stagflazione. Il debito pubblico USA resta un riferimento globale, ma il suo ruolo come bene rifugio “universale” è oggi meno scontato.

Il dollaro perde terreno

Il dollaro statunitense, sebbene ancora dominante come valuta di riserva globale, mostra segnali di cedimento. Le incertezze fiscali e le tensioni commerciali fanno emergere alternative: franco svizzero, euro e yen giapponese sono sempre più considerati opzioni più stabili.

Negli ultimi anni il dollaro ha resistito bene, anche in contesti difficili come il post-crisi finanziaria e il biennio 2020-2022. Ma ora il quadro sta cambiando: la fiducia in una leadership americana solida non è più così granitica.

Le strategie per gestire rischi multipli

Gli investitori si trovano quindi oggi a fronteggiare una combinazione di rischi: inflazione elevata, stagnazione, bassa crescita e rotazione nei mercati. In questo scenario, serve una maggiore flessibilità e diversificazione.

Secondo l’analista di T. Rowe Price i Treasury a breve termine (coperti) rimangono strumenti validi contro il rischio di rallentamento economico, ma non sono efficaci contro l’inflazione. I Bund tedeschi sono oggi meno volatili e sostenuti da una governance più stabile, sono una valida alternativa. Le azioni reali e i Treasury sono protetti dall’inflazione e infine l’oro ha raggiunto livelli record, sostenuto dagli acquisti delle banche centrali, mantenendo il suo valore di diversificatore grazie alla correlazione negativa con azioni e obbligazioni.

Ma non solo questi. Secondo l’esperta ci sono altri titoli rifugio più tradizionali che  restano rilevanti, pur con alcuni limiti. Così i Fondi monetari offrono stabilità, liquidità e conservazione del capitale, anche se i rendimenti sono calati con il ribasso dei tassi.

La Liquidità  è tornata interessante grazie al ritorno dei tassi d’interesse, ma bisogna considerare il costo opportunità di tenerla in portafoglio. I Settori difensivi come sanità, utilities e beni di consumo di base tendono a sovraperformare durante le crisi. Il comparto sanitario in particolare beneficia di trend strutturali come l’invecchiamento della popolazione e l’innovazione, anche se vanno valutati i rischi normativi.

Infine, consiglia l’analista, per chi cerca diversificazione più ampia, ci sono asset alternativi che guadagnano attenzione: criptovalute, private asset, arte, vini pregiati. Attenzione, però: possono offrire buoni rendimenti a lungo termine, ma sono spesso illiquidi e più speculativi.

Un’altra opzione è l’hedged equity, che combina titoli a bassa volatilità con strategie in opzioni per ridurre i ribassi. Può funzionare in contesti di avversione al rischio, ma ha costi di implementazione da tenere sotto controllo.

Insomma, il concetto di “bene rifugio” non è più quello di una volta. Le dinamiche globali richiedono portafogli più agili, ben diversificati e costruiti con una gestione attiva del rischio. L’era in cui bastava comprare oro o Treasury per sentirsi al sicuro sembra ormai superata.

Oggi il vero rifugio è una strategia di investimento consapevole e flessibile.