(Teleborsa) – La capitolazione culturale di un paese che ha demolito dalle fondamenta il senso di appartenenza e di identità nazionale è sublimata in occasione della partita di calcio Italia – Serbia. I grandi della storia italiana che hanno sputato sangue per un’idea e che per quell’idea di appartenenza e di coesione hanno sacrificato la propria vita, sono stati vergognosamente scaricati in mezz’ora, in Eurovisione, riportandoci indietro di centocinquanta anni. Uno schiaffo all’unità italiana proprio all’indomani dei nostri morti in Afghanistan. Mi spiego, lasciare i serbi fare i padroni in casa nostra non è colpa dei serbi, che comunque hanno perso l’ennesima occasione di riappacificarsi con il mondo civile e che meritano solo sdegno, ma è colpa della nouvelle vague italica. Un modo piatto e senza tono di pensare ed agire, con la stupida consapevolezza che l’italian think sia un modello esportabile nel mondo. Ma de che?…direbbero a Roma. Nemmeno al polo nord. Se il nostro capo del governo pensa che il drastico calo di consenso dello stesso, sia per lo più dovuto a inadeguate strategie di marketing politico, per induzione si può dire che lo stravaccamento dello spirito di appartenenza ad una nazione, da parte del popolo italiano, abbia almeno la stessa valenza e cioè allentato da un clima politico squallido, la cui più che trentennale persistenza ha sterilizzato il cuore e il cervello dell’italiano medio e da un vuoto di autorità civile ancora sottostimato, ma sicuramente molto pericoloso. Non abbiamo più nulla da perdere, solo la proprietà privata, qualora venga attaccata, è rimasta l’unico elemento in grado di assicurare una reazione, ora soffocata dal nostro becero immobilismo; noi che non ci stupiamo più per un bellissimo fiore o i colori dell’arcobaleno, noi che parliamo, parliamo, parliamo…e ci facciamo un giro di valzer in ogni occasione, pur di non dire che è arrivato il momento di usare le ruspe.
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