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Mps, sorte legata a referendum. Ipotesi ultimatum a chi detiene i suoi bond

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Che l’appuntamento del referendum costituzionale di fine novembre sarà un passaggio fondamentale non solo per il quadro istituzionale del Paese, ma anche per l’aumento di capitale di Mps, è evidente anche Oltreoceano: Goldman Sachs, e – a quanto risulta a Dagospia – anche JP Morgan sono consapevoli che le incognite legate al risultato delle votazioni potrebbero compromettere la fiducia necessaria al completamento dell’operazione.

Nel caso di Goldman Sachs, difficilmente l’aumento di Mps potrà essere completato prima dell’appuntamento con le urne.

In caso di vittoria del “No” la banca d’affari americana teme conseguenze non solo per Montepaschi, ma anche per tutto il sistema bancario. Le conseguenze non sarebbero da poco visto che, come ricorda Goldman Sachs, prima di accedere ai fondi di risoluzione la banca in difficoltà dovrebbe operare il bail-in: un problema politico in un paese ove 200 miliardi di euro di bond bancari sono in mano alle famiglie.

Quanto a Jp Morgan, scrive Dagospia, “si sta rendendo conto che è più complicato del previsto portare a termine l’aumento di capitale per Monte Paschi. […] Così, i suoi uomini insieme alla Cassa depositi e Prestiti, stanno cercando soluzioni alternative; e tutte puntano su un maggiore coinvolgimento di Costamagna (presidente di Cdp, Cassa Depositi e Prestiti) e Gallia (l’amministratore delegato di Cdp Fabio Gallia nell’operazione”. Sembra, inoltre che Cdp, insieme con alcuni fondi basati in Quatar e Kuwait sia pronta a preparare “all’aumento di capitale gli obbligazionisti subordinati di Monte Paschi”.

DagoReport scrive ricorda che tre anni fa, dopo una visita di Enrico Letta in Qatar:

“l’Emiro elargì 500 milioni all’Italia per un Fondo destinato alla ricapitalizzazione delle imprese. La Cassa depositi, che ricevette quei soldi, voleva finanziare la Versace (cioè, ripianare le banche esposte con la Versace). Gli arabi dissero di “no”. E con quel fondo è stato ricapitalizzato Cremonini Carni (Inalca). In tempi recenti, Costamagna s’è inventato di spostare le somme residue di quel fondo finanziato dagli arabi in un altro Fondo di investimento, senza dire niente a Doha. I qatarini l’hanno scoperto e si sono un po’ incazzati per l’operazione. Ma senza fare pubblicità.

Ora esce sul Messaggero la storia che questo nuovo Fondo di Cassa depositi con il Qatar potrebbe intervenire qualora l’aumento di capitale del Monte Paschi potesse non riuscire. E nell’operazione potrebbero essere coinvolti anche i kuwaitiani di Kia (fondo sovrano). Un ombrello di salvataggio che si unirebbe a quello già previsto di far partecipare all’aumento di capitale gli obbligazionisti subordinati di Monte Paschi. Questo tipo di obbligazioni di Mps ammontano a 5 miliardi: 3 sottoscritti da operatori istituzionali, 2 miliardi dalla piccola clientela (retail).La direttiva “bail in” prevede che, in caso di fallimento, gli obbligazionisti subordinati partecipino al salvataggio per intero della banca fallita. Cioè, perdono tutto. Così Jp Morgan e Mediobanca hanno previsto che questo tipo di risparmiatori possano aderire “volontariamente” all’aumento di capitale. Con una svalutazione del loro portafoglio del 40%. In fin dei conti, cos’hanno da perdere: se la banca fallisce perdono tutto, se partecipano perdono solo il 40%”.

Insomma, sia Jp Moran che Mediobanca, con la stessa “benedizione di Renzi”, “stanno cercando di tirare per la giacchetta Cassa depositi e prestiti con i soldi degli arabi”.