Parigi e Londra su tutte, poi Los Angeles e Madrid. Più staccate, ma sempre nell’elite, Milano e Mosca. La vecchia Europa mette in fila America e Asia e si aggiudica la palma di continente con i migliori centri economico-finanziari al mondo, strappando ben cinque posti nella speciale top-ten stilata dall’agenzia Usa Standard&Poor’s, che ignora invece le città tedesche. Alla sua prima edizione, la graduatoria delle prime dieci città del pianeta per valore finanziario parla con un forte accento europeo decretando il successo di Parigi e Londra, capaci di issarsi sui due gradini più alti del podio, e riconoscendo parecchi punti di forza anche a Madrid (quarta), Milano (nona) e Mosca (decima). Lontanissima dal vertice New York, solo ottava, penalizzata dagli alti costi di gestione e dalla dipendenza quasi totale dal settore finanziario a scapito di quello industriale. Imperniata su criteri come l’importanza economica del Paese di residenza, il ruolo delle singole città all’interno della nazione, la profondità dei servizi e una popolazione superiore al milione di abitanti, la lista creata dagli esperti di S&P’s mette in fila pregi e difetti delle fuoriclasse della finanza planetaria soppesando, in primo luogo, la loro capacità di generare ricavi e la gestione della spesa e valutando la maestria delle amministrazioni comunali nel produrre ricchezza, gestire il livello di spesa e i ricavi per singolo cittadino e il tasso di occupazione. Elementi, opportunamente mixati da S&P’s, che regalano a Parigi la piazza d’onore, inducendo gli analisti dell’agenzia ad affibbiarle un giudizio pari ad AAA con prospettive stabili, sufficiente a tenere a debita distanza Londra (AA+ con prospettive stabili) e Los Angeles (AA con prospettive stabili), primo centro finanziario non europeo della classifica, tallonato da Madrid (AA con prospettive stabili ma con un rating a breve termine A-1+). Scorrendo la lista preparata da S&P’s, quinta posizione per la canadese Toronto, seguita dalla giapponese Yokohama, dalle statunitensi Chicago e New York, da Milano (A+ con prospettive stabili) e da Mosca. Quanto al capoluogo lombardo, unica realtà tricolore a entrare nelle prime dieci, gli uomini di S&P’s non negano l’influenza generata dal recente declassamento del rating dell’Italia sul suo giudizio poiché, si legge nel rapporto, “il Governo centrale interferisce in modo significativo nelle operazioni” delle città, “costringendo la loro flessibilità fiscale, ponendo sulle loro spalle nuove responsabilità con fondi insufficienti e centralizzando parte della loro liquidità”. Tra i punti di forza di Milano, si legge, spiccano “il buon margine operativo rispetto agli standard nazionali, la forte flessibilità nei ricavi, la buona liquidità e una base economica diversificata”, grazie all’affiancamento delle attività industriali a quelle finanziarie. Guardando ai punti deboli, invece, S&P’s individua, in prima battuta, “il fardello elevato del debito e le costrizioni del Governo centrale sull’autonomia finanziaria e gestionale”. Per quanto concerne il futuro, Milano appare legata a doppio filo alla situazione generale dell’Italia: “Qualora il debito del Paese dovesse salire rispetto ai livelli attuali, il giudizio sull’Italia e, conseguentemente, su Milano potrebbe finire nuovamente sotto pressione”, mentre, in caso di attuazione di riforme strutturali capaci di dare vita a un innalzamento del giudizio del Paese, ogni situazione “andrebbe valutata caso per caso”.
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